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Fascicolo: Processo contro Fossati Giulio (RG. N. 245/1945)

C00/00962/01/01/00106
Processo contro Fossati Giulio (RG. N. 245/1945)
Processo contro Fossati Giulio (RG. N. 245/1945)

Organo giudicante: Corte d’Assise Straordinaria di Torino – Sez. 1°

Presidente: Dott. Raffaele Ruggiero
Giudici popolari: Carlo Vietti, Giusto De Paoli, Domenico Capelluto, Michele Salot

Procura del Re di Torino: PM: Avv. Umberto Muggia

Imputati:
n. 1: Giulio Fossati

Parti lese:
8 (7 uomini, 1 donna); tipologia (status): 3 partigiani, 5 civili: Salvatore Audino, Alessio Pesando, Giuseppe Virgilio Bellone, Costanzo Re, Fulvio Duvy, Gelsa Velino, Filippo Cianciaruso, Pasquale Barbato.

Principali fatti contestati nel processo:
- Data e luogo del fatto: dall’8 settembre 1943 al marzo 1944, Bussoleno, S. Giorio, Val Susa
- Tipologia: spionaggio, arresti, sequestri
- Descrizione sintetica: accusato di aver favorito i disegni politici del nemico collaborando attivamente con le truppe tedesche, presso le quali fungeva da interprete, per agevolare la cattura dei patrioti italiani, per addivenire a sequestri di merce e materiali in danno della popolazione italiana, per la ricerca di renitenti alla leva; nonché cooperando con militari tedeschi nelle indagini, negli arresti e negli atti di violenza contro cittadini italiani.

Denuncia:
- Tipologia: collettiva
- Data: 09.07.1945
- Autorità ricevente: ufficio del PM presso la Questura di Torino
- Nominativo / Autorità denunciante: Questura di Torino
- Tipologia denunciante: autorità italiana
- Sintesi denuncia: si denuncia Giulio Fossati per collaborazione con l’esercito tedesco.
- È presente una denuncia di Salvatore Audino che dichiara che nel suo laboratorio di calzature militari si trovavano in riparazione circa 400 scarponi da sciatore usati. Verso la fine di settembre 1943 il suo datore di lavoro, tale Adrea Guiffer, gli chiese di mandargli un camion di scarponi a Bardonecchia. Mentre li caricava sul camion, tuttavia, si presentò il Fossati che, salito sul mezzo, invece di dirigersi a Bardonecchia lo condusse alle casermette di Bussoleno dove risiedevano i tedeschi. Qualche giorno dopo i tedeschi si presentarono con zaini pieni di scarponi rivendendoli per 300 lire al paio. Afferma di averli rifiutati e dichiara che il Fossati abusava della sua posizione di interprete collaborando attivamente con i tedeschi.
- È presente una denuncia di Alessio Pesando che dichiara che il 15.10.1943 si presentarono a casa sua Giulio Fossati, Mario Ravetto, commissario del fascio repubblicano, Bruno Barone e un maresciallo tedesco accompagnato da due dipendenti. Il tedesco chiese al Fossati chi doveva arrestare, questo si rivolse al Ravetto che indicò lui. Afferma che il Fossati gli diede due schiaffi e gli chiese dove avesse nascosto la pistola. Gli diede allora la pistola, che teneva in tasca, e i tedeschi lo picchiarono. La madre cercò di calmarli ma fu presa a spintoni. Dichiara di essere stato caricato su una macchina guidata dal Fossati e di essere stato portato alla Caserma Rocciamelone di Susa, dove fu percosso a sangue dai tedeschi. Il Fossati e il Ravetto lo accusarono di avere avuto intenzione di ucciderli. Afferma i tedeschi gli chiesero se conoscesse l’ingegner Sergio Bellone di S. Giorio; sotto le percosse fu costretto a confessare di conoscerlo e il giorno dopo lo portarono a S. Giorio, sempre guidati dal Fossati, e lo costrinsero a indicare la casa del Bellone. Dichiara di non aver tuttavia indicato la casa. Casualmente tuttavia incontrarono nella piazza del paese il padre del ricercato, Giuseppe Virgilio Bellone e i tedeschi gli chiesero se conoscesse il Sergio Bellone. Questi inizialmente negò, poi confessò che il ricercato era suo figlio che era assente. Afferma che i tedeschi lo arrestarono insieme a una ventina di persone del paese.
- È presente una denuncia di Emilia Perotto che dichiara che il 26.02.1944 si recò presso la ferrovia di Bussoleno per vedere la salma del figlio Walter, ucciso la sera prima in Bruzolo durante un combattimento contro i tedeschi. La salma si trovava, insieme a quella di tale Aldo Rossero, in un carro bestiame piombato. Dichiara che il Fossati, vedendola, insistette insieme al maresciallo tedesco perché gli dicesse chi l’aveva informata della morte del figlio. Riferisce che poiché i tedeschi non le permettevano di avvicinarsi al carro chiese al Fossati di intercedere, ma questi rifiutò dicendo che il figlio era un bandito. Fu poi il maresciallo dei carabinieri Barbato che disubbidì all’ordine del tedesco e la fece salire sul carro insieme al marito e a tale signora Carli. Quando i tedeschi se ne accorsero, a mezzo del Fossati fecero chiamare il Barbato per avere spiegazioni e la fecero scendere tirandola per un braccio. Dichiara di essere poi stata portata dal Fossati, dai tedeschi e dall’Oglietti presso il Comando germanico, dove minacciandola di fustigazione volevano sapere chi le avesse detto della morte di suo figlio. Il Fossati le disse che non avrebbe potuto fare i funerali perché il figlio era un bandito.
- È presente una denuncia di Costanzo Re che dichiara che il 16.10.1943 venne a S. Giorio l’interprete Fossati insieme a una cinquantina di tedeschi per catturare il partigiano Sergio Bellone. Afferma che si presentarono a casa sua chiedendogli se lo conoscesse; poiché rispose di conoscerlo ma di non sapere dove si trovasse lo costrinsero ad accompagnarli a casa del padre Giuseppe Virgilio Bellone, dove non trovarono nulla. Il Fossati lo mise al muro e gli disse che se non avesse detto dove si trovava il magazzino dei ribelli lo avrebbe fatto fucilare. Dichiara che i tedeschi rastrellarono la zona arrestando il Bellone e altre persone di S. Giorio. Il 23.12.1943 il Fossati accompagnato da 8 tedeschi condusse lui, tale Giuseppe Blandino e il commissario prefettizio Spelta a Bussoleno e li mise a confronto con tre partigiani. Tale partigiano Olivero ammise di conoscere il Blandino. Dichiara di essere stato costretto dal Fossati ad accompagnare lui e i tedeschi a casa di alcuni partigiani, e che, poiché questi erano assenti, prelevarono i loro familiari.
- È presente una denuncia di Fulvio Davy che dichiara che la sera del 15.10.1943 entrarono in casa sua alcuni tedeschi per una perquisizione, senza però trovare nulla. Dichiara di essere stato arrestato e interrogato dal tenente Rivetto che lo accusava di essere partigiano. Il Fossati lo prese a schiaffi e gli chiese del fucile che aveva avuto da lui l’08.09.1943, ma lui rispose di averlo riconsegnato alle autorità. Dichiara che il Fossati gli era ostile perché una sera del settembre 1943 lo aveva sorpreso a saccheggiare il magazzino di viveri della Gaf. Afferma di essere stato messo a confronto con lo zio Giuseppe Bellone e che entrambi, negando di essere parenti, furono picchiati a sangue. Afferma che il Fossati lo mise davanti a una fila di giovani dicendogli che se non avesse indicato quali di questi erano partigiani lo avrebbe fucilato. Afferma che fu portato alle Nuove e che il Fossati disse a suo padre che aveva viveri a sufficienza, mentre per 3 giorni non toccò né cibo né acqua; aggiunge che cercò più volte di ingannare i suoi genitori fingendosi interessato alla sua scarcerazione. Dichiara di essere stato aiutato da un maresciallo che gli fece pervenire una lettera grazie alla quale poté costruirsi un alibi a farsi rilasciare.
- È presente una denuncia di Alessandrina Pognant Gross che dichiara che nel febbraio 1944 il Fossati si presentò a casa sua cercando il figlio Adolfo Velino. Poiché questi era irreperibile, il Fossati con la pistola minacciò la figlia Gelsa e un tedesco colpì suo marito con un pugno. Afferma che il Fossati minacciò di fucilarli entrambi se entro tre giorni il figlio non si fosse presentato; il terzo giorno, per paura di rappresaglie, marito e figlia fuggirono in montagna. Afferma che il Fossati aveva scritto “bandito” sulla sua porta di casa di fianco al nome del figlio.
- È presente una denuncia di Gelsa Velino che dichiara che il Fossati si presentò a casa sua cercando il fratello Adolfo Velino. Non trovandolo, lei e il padre furono minacciati con le armi e il padre fu picchiato. Il Fossati disse loro che se il fratello non si fosse presentato dopo tre giorni sarebbero stati arrestati. Perciò lei e il padre fuggirono in montagna.
- È presente una denuncia di Filippo Cianciaruso che dichiara che nell’ottobre del 1943 il Fossati lo fece convocare al Comando germanico al posto del podestà Civaleri che era assente. Al comando trovò il capitano dei Carabinieri Giusto Ansaldi, il vice brigadiere Vincenzo Epicocco e il colonnello Andrea Gandini in stato d’arresto. Dopo aver spiegato il perché dell’assenza del podestà, fu congedato dal comandante tedesco. Tuttavia L’Epicocco gli si avvicinò chiedendogli di portare a casa sua moglie, e il Fossati, dopo avergli domandato cosa si erano detti, disse qualcosa in tedesco al comandante e lo fece arrestare. Furono tutti messi in carcere alla Caserma Rocciamelone. Il maresciallo dei carabinieri Barbato, che era riuscito ad allontanarsi, dovette presentarsi per evitare la loro fucilazione in rappresaglia. Furono tutti rilasciati la sera.
- È presente una denuncia di Sergio Bellone che accusa il Fossati di avere organizzato una spedizione a S. Giorio per arrestarlo e di aver picchiato e arrestato il padre insieme ad altre 5 persone.

Arresto:
- Data e luogo: 22.05.1945, Bussoleno
- Autorità procedente: Questura di Torino
- Sintesi verbale: interprete e collaborazionista dei tedeschi

Imputazioni: collaborazionismo politico art. 58 cpmg

Descrizione: imputato di collaborazionismo politico per aver favorito i disegni politici del nemico collaborando attivamente con le truppe tedesche, presso le quali fungeva da interprete, per agevolare la cattura dei patrioti italiani, per addivenire a sequestri di merce e materiali in danno della popolazione italiana, per la ricerca di renitenti alla leva; nonché cooperando con militari tedeschi nelle indagini, negli arresti e negli atti di violenza contro cittadini italiani.

Posizione processuale: detenuto, costituito in giudizio

Difesa: Avv. Gino Bertetti (di fiducia)

Esito della sentenza:
- Condanna: la Corte dichiara l’imputato colpevole del reato ascrittogli e lo condanna a 11 anni di reclusione.

- Sanzioni accessorie: interdizione perpetua dai pubblici uffici, legale durante la pena, spese del giudizio e del mantenimento in carcere durante la custodia preventiva.

- Motivazioni della sentenza: La Corte osserva che il Fossati, in qualità di interprete presso le truppe tedesche di stanza a Bussoleno, compì numerosi atti di collaborazionismo, confermati dalle prove a suo carico e dalle testimonianze in dibattimento, che lo rendono passibile della sanzione di cui all’art. 58 cpmg. La sua attività fu talmente ostile alle organizzazioni partigiane della zona da indurre un tribunale formatosi presso le organizzazioni medesime a condannarlo a morte quale traditore. E fu questa, e non altra ragione, a convincere il Fossati a lasciare i tedeschi, che fino a quel momento aveva servito fedelmente. I fatti emersi in dibattimento non rientrano nelle funzioni di interprete ma dimostrano un’iniziativa da parte del Fossati nel collaborare con il nemico invasore. Inoltre, l’attività svolta dall’imputato in Valsesia, ovvero il fornitore delle formazioni partigiane, non è sufficiente a giustificare l’attenuante dell’art. 7 trattandosi tra l’altro di attività non disinteressata, dato che il Fossati non ha saputo spiegare come si mantenesse a Milano. Egli non partecipò alla Liberazione di Milano ma si limitò a raccogliere qualche informazione nei caffè e a indirizzare dei giovani in montagna. Infine la Corte non ritiene di concedere le attenuanti generiche per la stessa personalità del Fossati, animato sempre da fine di lucro, dimostrata dal tentativo di accaparrarsi una percentuale sulla vendita comunale di carbone.

Impugnazioni/Giudizio di rinvio:
- Ricorso avanti Corte di Cassazione di Roma:
Data: 20.12.1945
Promosso da: Avv. Gino Bertetti
- Sintesi dei motivi di impugnazione:
l’esame degli elementi richiamati per negare la concessione dell’attenuante dell’art. 7 è stato insufficiente; in caso contrario avrebbe dimostrato l’effettiva appartenenza del Fossati alle formazioni partigiane e la sua efficiente attività svolta a loro favore.

- Sentenza Corte di Cassazione:
Data: 20.09.1946
Esito: annullamento senza rinvio
Sintesi della sentenza / principi di diritto: estinto il reato per amnistia

Esecuzione della pena:
- Carcerazione preventiva: dal 22.05.1945 al 19.12.1945

- Pena: dal 19.12.1945 al 20.09.1946
Durata prevista della detenzione: 11 anni
Durata effettiva della detenzione: 9 mesi

- Provvedimenti di clemenza: amnistia Togliatti
19/12/1945
Collocazione archivistica del fascicolo processuale: ASTO, Sezioni Riunite, Corte d’Assise di Torino - Sezione Speciale, Fascicoli processuali, mazzo 244. Collocazione archivistica in Istoreto: fondo "Sentenze della magistratura piemontese (1945-1960)".

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Ultimo aggiornamento: sabato 19/12/2020