Parti lese:
24 (21uomini, 3 donne); tipologia (status): 18 partigiani, 2 ebrei, 4 civili: Andrea Picco, Enrico Rovella, Gian Giuseppe Bersanino, Cravero, Lina Cornero, Leo Bersanino, Alessandro Grosso, Domenica Dogliani, Antonio Guermani, Angelo Cazzola, Elsa Levi, Leo Segre, Renzo Prete, De Mari, Eugenio Juvenal, Mimmo Ferrero, Surace, Romano, Fiore Toye, cap. Lupano, Carlo Balzola, cap. Vian, Romolo Carrera, Cesare Picco.
Principali fatti contestati nel processo:
- Data e luogo del fatto: dall’8 settembre 1943 sino alla Liberazione
- Tipologia: spionaggio, arresti, rastrellamenti
- Descrizione sintetica: accusata di aver, allo scopo di far catturare gli organizzatori e i finanziatori delle prime bande partigiane della Val Chisone, reso possibile con la sua opera personale l’arresto degli organizzatori stessi e di coloro che li coadiuvavano, cooperando con le truppe tedesche all’arresto di Andrea Picco, capitano Rovella, Gian Giuseppe Bersanino e Cravero, che, deportati in Germania, morirono nel campo di concentramento di Mauthausen; e di Lina Cornero, Leo Bersanino, Grosso e Domenica Dogliani che ebbero a subire un lungo periodo di detenzione; è inoltre accusata di aver messo le SS tedesche nella possibilità di arrestare il maggiore Antonio Guermani, comandante delle truppe partigiane della Val Chisone, fornendo contro di lui elementi tali da impedirne la scarcerazione e di aver infine cooperato con le SS tedesche eseguendo di persona arresti di individui invisi al nemico tra cui il rag. Angelo Cazzola, Elsa Levi e Leo Segre di religione ebraica, che ebbero a sopportare lunga permanenza in un campo di concentramento in Germania. È infine accusata di aver guidato, armata, le truppe tedesche in un rastrellamento antipartigiano, portandosi unitamente alle stesse da Torino a Roreto Val Chisone dove in seguito all’azione bellica nemica furono disperse le forze del Cvl lì di stanza, arrestati i partigiani tenente Prete, De Mari, Juvenal, Ferrero, Surace, Romano e Toye, incendiate le baite dove le formazioni alloggiavano e intimorite le popolazioni della zona con perquisizioni e minacce. È accusata inoltre di aver fatto arrestare a Torino Gian Giuseppe Bersanino e di aver estorto ai parenti di Leo Bersanino 80.000 lire con la promessa di farlo liberare.
Denuncia:
- Tipologia: collettiva
- Data: 06.08.1945
- Autorità ricevente: ufficio del PM presso la Cas di Torino
- Nominativo / Autorità denunciante: Questura di Torino
- Tipologia denunciante: autorità italiana
- Sintesi denuncia: l’08.09.1943 la Ribet si mise a disposizione dei partigiani di Roreto Chisone come agente di collegamento tra loro e i familiari, provvedendo a viveri, indumenti e armi e godendo della loro fiducia. Il 22.10.1943, nella Trattoria d’Alba di Torino, le SS tedesche fecero irruzione arrestando i partigiani presenti, compresa la Ribet. L’operazione fu evidentemente la conseguenza di una delazione, perché le SS si recarono direttamente al loro tavolo. Lo stesso giorno venne tratto in arresto nel proprio studio il dott. Leo Bersanino, pure lui partigiano, il quale stava aspettando la Ribet con la quale sin dalla mattina avevano fissato un appuntamento. La Ribet fu rilasciata poco dopo l’arresto. I denuncianti riferiscono che solo la Ribet poteva conoscere il legame tra il Bersanino e gli altri arrestati. Il 23.10.1943, durante un rastrellamento, le SS tedesche si recarono a colpo sicuro ad arrestare tale partigiano Lupano, di cui solo la Ribet conosceva il domicilio. La Ribet giungeva a rastrellamento avvenuto e si allontanava su una macchina tedesca. Nel pomeriggio dello stesso giorno vennero arrestati all’Albergo del Vecchio Pino il maggiore Guermani, sua moglie e la stessa Ribet, con la quale il Guermani aveva un appuntamento quel giorno. Solo la Ribet fu rilasciata dopo un formale interrogatorio. Guermani aveva confidato alla Ribet di aver segnato i nomi degli arrestati su un biglietto da 10 lire e al momento del suo fermo il maresciallo delle SS passò accuratamente in rassegna tutti i biglietti da 10 lire in suo possesso. La Ribet partecipò anche a un rastrellamento del 24.10.1943 e all’arresto del 09.05.1944 di Elsa Levi, Angelo Cazzola e Carlo Balzola.
È presente una denuncia di Luigi Perrone che accusa la Ribet di aver collaborato con due agenti delle SS a riconoscere ed arrestare il capitano Vian, comandante partigiano del Cuneese, che in seguito fu impiccato a Torino insieme ad altri compagni.
Arresto:
- Data e luogo: 02.07.1945, Torino
- Autorità procedente: Questura di Torino
- Sintesi verbale: spia delle SS tedesche
Imputazioni: capo 1°: art. 54 cpmg intelligenza con il nemico; capo 2°: art. 51 cpmg collaborazionismo militare
Descrizione: Capo 1°: imputata di intelligenza con il nemico per aver, allo scopo di far catturare gli organizzatori e i finanziatori delle prime bande partigiane della Val Chisone, reso possibile con la sua opera personale l’arresto degli organizzatori stessi e di coloro che li coadiuvavano, cooperando con le truppe tedesche all’arresto di Andrea Picco, capitano Rovella, Gian Giuseppe Bersanino e Cravero, che, deportati in Germania, morirono nel campo di concentramento di Mauthausen; e di Lina Cornero, Leo Bersanino, Grosso e Domenica Dogliani che ebbero a subire un lungo periodo di detenzione; è inoltre accusata di aver messo le SS tedesche nella possibilità di arrestare il maggiore Antonio Guermani, comandante delle truppe partigiane della Val Chisone, fornendo contro di lui elementi tali da impedirne la scarcerazione e di aver infine cooperato con le SS tedesche eseguendo di persona arresti di individui invisi al nemico tra cui il rag. Angelo Cazzola, Elsa Levi e Leo Segre di religione ebraica, che ebbero a sopportare lunga permanenza in un campo di concentramento in Germania.
Capo 2°: imputata di collaborazionismo militare per aver guidato, armata, le truppe tedesche in rastrellamento antipartigiano, portandosi unitamente alle stesse da Torino a Roreto Val Chisone dove in seguito all’azione bellica nemica furono disperse le forze del Cvl lì di stanza, arrestati i partigiani tenente Prete, De Mari, Juvenal, Ferrero, Surace, Romano e Toye, incendiate le baite dove le formazioni alloggiavano e intimorite le popolazioni della zona con perquisizioni e minacce.
Posizione processuale: detenuta, costituita in giudizio
Difesa: Avv. Francesco Mutti (di fiducia)
Esito della sentenza:
- Condanna: la Corte ritiene l’imputata colpevole dei delitti ascrittigli e la condanna alla pena di 30 anni di reclusione.
- Sanzioni accessorie: interdizione perpetua dai pubblici uffici e legale durante la pena, libertà vigilata a pena scontata e pagamento delle spese processuali.
- Attenuanti: 62 bis cp.
- Motivazioni della sentenza: la Corte ritiene che i fatti emersi e accertati in istruttoria rivelino in modo indubbio l’opera delittuosa svolta dall’imputata, che si accattivò la fiducia del movimento dei partigiani e se ne avvalse per far catturare numerosi resistenti ed ebrei. L’intelligenza e la corrispondenza con il nemico invasore, ininterrotte per lungo periodo ed estrinsecatesi con fatti specifici di collaborazione, risultano quindi provate e integrano gli estremi, materiali e morali, del reato ascrittole che, culminato nella distruzione di un’intera banda partigiana, si rivela di speciale gravità. Inoltre la Ribet partecipò attivamente alle operazioni militari dei tedeschi sul territorio contro le formazioni partigiane, fornendo ai tedeschi informazioni precise sui partigiani e guidando le SS nella cattura degli ufficiali a Roreto. Le risultanze del dibattimento escludono che la Ribet avesse agito sotto minaccia, dato che la sua collaborazione iniziò prima del suo arresto presso la Trattoria d’Alba e anche in quell’occasione fu subito rilasciata. La Corte non ritiene di dover concedere la perizia psichiatrica, dato che essere affetti da sifilide non è sufficiente perché sia messa in dubbio la capacità d’intendere e di volere e la condotta dell’imputata non fece mai sospettare sulle sue facoltà mentali. La Corte ritiene di poter concedere le attenuanti generiche in considerazione del suo sesso e del suo stato di vedova in giovanissima età.
Impugnazioni/Giudizio di rinvio:
- Ricorso avanti Corte di Cassazione di Roma:
Data: 18.01.1946
Promosso da: Avv. Francesco Mutti
- Sintesi dei motivi di impugnazione: poiché l’imputata è affetta da lue e tentò in passato di suicidarsi, la Corte avrebbe dovuto ordinare la perizia psichiatrica per fugare ogni dubbio circa un vizio di mente. Inoltre l’imputata commise i fatti addebitategli dopo il primo arresto, sotto la nefasta influenza dell’interprete Cagol e in stato di costringimento fisico. Infine, non si può parlare di collaborazione militare da parte di una donna che non ha compiuto una concreta attività militare pur accompagnando i militi in rastrellamento.
- Sentenza Corte di Cassazione:
Data: 17.04.1947
Esito: rigetto con condono di un terzo della pena
Esecuzione della pena:
- Carcerazione preventiva: dal 02.07.1945 al 16.01.1946
- Pena: dato non disponibile
- Provvedimenti di clemenza: condono
16/01/1946
Collocazione archivistica del fascicolo processuale: ASTO, Sezioni Riunite, Corte d’Assise di Torino - Sezione Speciale, Fascicoli processuali, mazzo . Collocazione archivistica in Istoreto: fondo "Sentenze della magistratura piemontese (1945-1960)".
Come citare questa fonte. Processo contro Ribet Olga (RG. N. 249/1945) in Archivio Istoreto, fondo Processi Corti d'Assise Straordinarie del Piemonte e della Valle d'Aosta [IT-C00-FA17294]