Processo contro Picco Michele e Ivaldi Giuseppe (RG. N. 76/1946)
C00/00962/01/02/00085
Processo contro Picco Michele e Ivaldi Giuseppe (RG. N. 76/1946)
Processo contro Picco Michele e Ivaldi Giuseppe (RG. N. 76/1946)
Organo giudicante: Corte d’Assise di Torino – Sez. 3ª Speciale
- Presidente: Dott. Nello Naldini
- Giudici popolari: Carlo Bossola, Carlo Tedeschi, Aldo Guerraz, Mario Sosio De Rosa
Procura del Re di Torino: PM: Dott. Aubert
Imputati:
n. 1: Michele Picco
n. 2: Giuseppe Ivaldi
Parti lese:
1 (1 uomo); tipologia (status): 1 partigiano: Giuseppe Dalmasso.
Principali fatti contestati nel processo:
- Data e luogo del fatto: dall’8 settembre 1943 alla Liberazione, provincia di Cuneo, provincia di Torino (fatti specifici 29.11.1944, Torino)
- Tipologia: collaborazionismo politico, delazione, arresto
- Descrizione sintetica: accusati di collaborazionismo politico e di aver denunciato e arrestato a Torino il 29.11.1944 Giuseppe Dalmasso per appartenenza al Cln di Cuneo in collegamento con Duccio Galimberti, organizzazione di formazioni partigiane nel Cuneese e propaganda a favore delle formazioni partigiane.
Denuncia:
- Tipologia: individuale
- Data: 09.11.1945
- Autorità ricevente: Questura di Cuneo
- Nominativo / Autorità denunciante: Giuseppe Dalmasso
- Tipologia denunciante: partigiano, membro Cln, parte lesa
- Sintesi denuncia: il 29.11.1944 mentre passava davanti alla stazione di Porta Nuova a Torino, Giuseppe Dalmasso vide alcuni militi della Gnr ferroviaria, tra i quali Michele Picco di Cuneo che lo riconobbe e avvisò gli altri. Dalmasso cercò di allontanarsi, ma fu raggiunto da quattro militi al comando di Ivaldi che lo arrestò e lo portò al comando della Gnr ferroviaria in stazione. Dalmasso riuscì a liberarsi dei documenti più compromettenti. Dopo più di un’ora arrivò a interrogarlo il capitano Grua che gli disse che era accusato di far parte del Cln, di essere in collegamento con Duccio Galimberti, di aver contribuito alla formazione di gruppi partigiani nel Cuneese e di aver cercato reclute per i gruppi partigiani anche tra i militi della Gnr ferroviaria. Dalmasso rispose che non era vero e chiese prove delle accuse. Grua disse che le accuse gli erano state riferite dai militi della Gnr ferroviaria di Cuneo, Picco e Ivaldi, che avevano riconosciuto e arrestato Dalmasso. Grua lo minacciò dicendo che era meglio non negasse perché dove lo avrebbe mandato avrebbero saputo farlo confessare. Dopo circa due ore Dalmasso fu portato all’Ufficio politico di corso Vinzaglio e poi alle carceri Nuove dove rimase 29 giorni. Uscito dal carcere Dalmasso tornò da Grua per ritirare una borsa in pelle rimasta al comando della Gnr ferroviaria ed ebbe conferma che a denunciarlo erano stati Ivaldi e Picco che avevano ordine di catturarlo vivo o morto; inoltre venne a sapere che invece che all’ufficio politico avrebbe dovuto essere portato in via Asti, ma l’intervento a suo favore del capostazione di Cuneo, Domenico Barone, fascista repubblicano che conosceva bene Dalmasso, evitò l’invio in via Asti dove i metodi usati erano peggiori che altrove e da dove lo avrebbero sicuramente estradato a Cuneo non appena l’ufficio di Cuneo l’avesse richiesto.
- Tipologia: collettiva
- Data: 27.11.1945
- Autorità ricevente: Procura del Re di Torino
- Nominativo / Autorità denunciante: Questura di Torino
- Tipologia denunciante: autorità italiana
- Sintesi denuncia: Picco è stato milite della Gnr ferroviaria in servizio a Cuneo fino a settembre del 1944 e poi a Torino, ed è denunciato quale responsabile dell’arresto di Giuseppe Dalmasso, membro del Cln di Cuneo, da parte della Gnr ferroviaria di stanza alla stazione di Porta Nuova a Torino, a cui Picco lo ha denunciato mentre l’avvocato Dalmasso si trovava a passare in prossimità della stazione. Allegata denuncia di Dalmasso, interrogatori di Picco e Ivaldi e deposizioni dei testimoni.
Arresto:
Quanto all’imputato n. 1: Michele Picco
- Data e luogo: 27.10.1945, Torino
- Autorità procedente: agenti PS
Picco viene portato a Cuneo a disposizione della Questura di Cuneo perché era in servizio nella Gnr ferroviaria di Cuneo; la Questura di Cuneo lo trasferisce nuovamente a Torino il 12.11.1945 perché i fatti contestatigli si sono svolti a Torino; nel fascicolo risulta un verbale di arresto datato 24.11.1945 della Questura di Torino.
Quanto all’imputato n. 2: Giuseppe Ivaldi
- Data e luogo: ordine di cattura del PM di Torino del 15.02.1946 notificato a Ivaldi presso le carceri di Cuneo dove è detenuto per altra causa; Ivaldi è tradotto a Torino, come da richiesta nell’ordine di cattura, il 17.02.1946.
Imputazioni:
- Quanto all’imputato n. 1: Michele Picco
collaborazionismo politico art. 58 cpmg
Descrizione: accusato di collaborazionismo politico e di aver denunciato e arrestato a Torino il 29.11.1944 Giuseppe Dalmasso per appartenenza al Cln di Cuneo in collegamento con Duccio Galimberti, organizzazione di formazioni partigiane nel Cuneese, e propaganda a favore delle formazioni partigiane.
Posizione processuale:
detenuto, costituito in giudizio
Difesa: Avv. Francesco Camoletto e Avv. Dino Bardessono (di fiducia)
- Quanto all’imputato n. 2: Giuseppe Ivaldi
Imputazione: collaborazionismo politico art. 58 cpmg
Descrizione: accusato di collaborazionismo politico e di aver denunciato e arrestato a Torino il 29.11.1944 Giuseppe Dalmasso per appartenenza al CLN di Cuneo in collegamento con Duccio Galimberti, organizzazione di formazioni partigiane nel Cuneese, e propaganda a favore delle formazioni partigiane.
Posizione processuale:
detenuto, costituito in giudizio
Difesa: Avv. Dino Bardessono (d’ufficio)
Esito della sentenza:
Quanto all’imputato n. 1: Michele Picco
- Condanna: ritenuto colpevole del reato di collaborazionismo politico art. 58 cpmg; condannato alla detenzione per 4 anni, 5 mesi e 10 giorni.
- Sanzioni accessorie: confisca dei beni, interdizione dai pubblici uffici per 5 anni; interdizione legale durante l’espiazione della pena; spese legali.
- Attenuanti:
attenuanti generiche ex art. 62bis cp
altre attenuanti ex artt. 114 cp
Quanto all’imputato n. 2: Giuseppe Ivaldi
- Assoluzione/non luogo a procedere: non doversi procedere contro Ivaldi perché già sottoposto a giudizio per il reato ascritto con sentenza divenuta irrevocabile.
- Motivazioni della sentenza: la Corte ritiene che nel caso di Ivaldi vada pronunciata declaratoria di non procedibilità perché già processato e condannato per lo stesso reato di collaborazionismo politico (art. 58 cpmg). Per Picco ritiene che la sua responsabilità non possa essere messa seriamente in dubbio: le dichiarazioni di Ivaldi, quelle di Grua e le prime dichiarazioni di Picco alla Questura di Cuneo rendono chiaro che a provocare l’arresto di Dalmasso fu Picco. Dalmasso ha deposto che fu Picco a riconoscerlo e a indicarlo agli altri. Inoltre proprio in quel periodo il fratello di Picco era stato ucciso dai partigiani e questo fatto spiega l’attiva partecipazione di Picco alla lotta contro i partigiani per convinzioni politiche esasperate dall’uccisione del fratello. Non è rilevante che l’autore materiale dell’arresto sia stato Ivaldi, né che Picco non abbia accompagnato Ivaldi e Dalmasso nella sede del comando; in ogni caso fu Picco ad avvertire Grua dell’arresto avvenuto. Picco si comportò così perché più conosciuto da Dalmasso rispetto a Ivaldi e perché era noto che Picco aveva fatto arrestare delle persone a Cuneo. Picco ha voluto restare nell’ombra e lo ha fatto perché l’arresto di Dalmasso era un atto arbitrario, non eseguito su ordine ritenuto legittimo. La Corte non accetta la tesi secondo cui Picco avrebbe eseguito un ordine ritenuto legittimo perché le azioni di polizia politica non facevano parte dei compiti della Milizia ferroviaria e quindi Picco avrebbe potuto/dovuto rifiutarsi di obbedire. Inoltre il preteso ordine non veniva dalla Milizia ferroviaria, ma dalla Federazione del Pfr di Cuneo da cui Picco come milite ferroviario non dipendeva e a cui non era tenuto a obbedire, a meno che non l’abbia fatto per convinzioni politiche e come aderente al Pfr sin dal novembre 1943. È certo che l’arresto di un membro del Cln come Dalmasso si configura come collaborazionismo politico («rientrava infatti nei fini del tedesco invasore il debellamento di ogni movimento contrario e ribelle alla pseudo Rsi sul cui appoggio contava per la prosecuzione della guerra ed il completo asservimento degli italiani della zona occupata»). La Corte ritiene però applicabili le attenuanti generiche in considerazione dello stato d’animo di Picco quando fece arrestare Dalmasso e le altre attenuanti ex art. 114 cp per la minima partecipazione collaborativa essendo il fatto contestatogli un episodio isolato. La Corte computa la pena di reclusione partendo dal minimo e applicando due successive riduzioni di 1/3 in ragione delle attenuanti riconosciute. Ordina la confisca dei beni perché Picco collaborò volontariamente con i tedeschi.
Impugnazioni/Giudizio di rinvio:
- Ricorso avanti Corte di Cassazione di Roma
Data: 21.05.1946
Promosso da: Michele Picco, Avv. Francesco Camoletto e Dino Bardessono
- Sintesi dei motivi di impugnazione: violazione art. 78 cpp perché Grua non poteva essere escusso quale teste perché era stato coimputato dello stesso reato (ordine di cattura) nonostante nei suoi confronti ci fosse stata l’archiviazione; violazione art. 475 n.3 cpp perché il coimputato Ivaldi è stato prosciolto per lo stesso fatto di collaborazionismo per cui Picco è stato ritenuto responsabile; violazione art. 51 cpc la Corte di Torino sbaglia a dire che Picco aveva il diritto di ribellarsi all’ordine di arresto di Dalmasso perché tale ordine non riguardava le sue mansioni di milite ferroviario, poiché l’ordine proveniva dalla Federazione del Pfr di Cuneo, comunque superiore in linea gerarchica al milite Picco; violazione art. 58 cpmg perché non c’è dolo specifico e malafede di collaborare con il nemico ai danni dello Stato (la situazione politica artatamente continuata faceva sì invece che si fosse in una condizione di buona fede che non si trattasse di nemico) e perché l’indagine su tale dolo specifico con mancanza di motivazione è stata permessa dalla Corte; violazione art. 9 decreto 27.07.1945 per contraddittorietà della sentenza perché la Corte ha condannato alla confisca dei beni prevista in caso di servizio attivo alle dipendenze del nemico, pur riconoscendo le attenuanti di cui all’art. 114 cp perché non vi fu collaborazione attiva e fu limitata a un unico sporadico episodio.
- Sentenza Corte di Cassazione:
Data: 28.01.1947
Esito: annullamento senza rinvio
Sintesi della sentenza: la Corte dichiara il reato estinto per amnistia e annulla senza rinvio la sentenza.
Esecuzione della pena:
Quanto all’imputato n. 1: Michele Picco
- Carcerazione preventiva: dal 17.10.1945 al 21.05.1946
- Pena: dal 21.05.1946 al 02.07.1946 (messo in libertà provvisoria con ordinanza del PM del 02.07.1946 per intervenuta amnistia e pena condonata)
Durata prevista detenzione: 4 anni, 5 mesi e 10 giorni
Durata effettiva detenzione: 1 mese e 11 giorni
- Provvedimenti di clemenza: amnistia Togliatti
Quanto all’imputato n. 2: Giuseppe Ivaldi
Carcerazione preventiva: dal 15.02.1946 al 08.03.1946 a Torino (in precedenza detenuto a Cuneo per un procedimento per collaborazionismo davanti alla Cas di Cuneo conclusosi il 27.06.1945 con la condanna alla pena di morte, commutata in ergastolo dopo il rinvio e il nuovo giudizio presso la Corte d’Assise sezione speciale di Torino concluso l’08.03.1946 in procedimento diverso da quello RG 76/46).
21/05/1946
Collocazione archivistica del fascicolo processuale: ASTO, Sezioni Riunite, Corte d’Assise di Torino - Sezione Speciale, Fascicoli processuali, mazzo 253. Collocazione archivistica in Istoreto: fondo "Sentenze della magistratura piemontese (1945-1960)".
Come citare questa fonte. Processo contro Picco Michele e Ivaldi Giuseppe (RG. N. 76/1946) in Archivio Istoreto, fondo Processi Corti d'Assise Straordinarie del Piemonte e della Valle d'Aosta [IT-C00-FA18372]