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Fascicolo: Processo contro Garzara Gastone (RG. N. 53/1946)

C00/00962/01/02/00091
Processo contro Garzara Gastone (RG. N. 53/1946)
Processo contro Garzara Gastone (RG. N. 53/1946)

Organo giudicante: Corte d’Assise di Torino – Sez. 2ª Speciale
- Presidente: Dott. Luigi Motta
- Giudici popolari: Giuseppe Caldera, Vittorio Lavorante, Mario Bragotti, Giovanni Rigo

Procura del Re di Torino: PM: Dott. Pedroni

Imputati:
n. 1 Gastone Garzara

Parti lese:
4 (4 uomini); tipologia (status): 4 partigiani: Decimo Bellettati, Egisippo Simioli, Giuseppe Venturello, Giuseppe Castagno.

Principali fatti contestati nel processo:
- Data e luogo del fatto: dall’8 settembre 1943 alla Liberazione, provincia di Torino, provincia di Como (fatti specifici 27.12.1944, Rivoli (TO), 1945, Canzo (CO))
- Tipologia: collaborazionismo, intelligenza con il nemico, delazione, rastrellamento
- Descrizione sintetica: accusato di collaborazionismo per intelligenza con le forze armate fasciste repubblicane, avendo denunciato il 27.12.1944 alla Folgore di Rivoli (TO) i partigiani Decimo Bellettati, Egisippo Simioli, Giuseppe Venturello, Giuseppe Castagno, catturati e fucilati il 29.12.1944; e avendo prestato servizio nel battaglione delle SS italiane di Canzo (CO) e partecipato a operazioni di polizia.

Denuncia:
- Tipologia: collettiva
- Data: 14.01.1946
- Autorità ricevente: Procura del Re di Torino
- Nominativo / Autorità denunciante: Questura di Torino
- Tipologia denunciante: autorità italiana
- Sintesi denuncia: denunciato come appartenente alle SS e per delazione di quattro partigiani poi fucilati: Giuseppe Venturello, Giuseppe Castagno, Decimo Bellettati e Egisippo Simioli.

Arresto:
- Data e luogo: 07.06.1945, Milano (trasferito a Torino 13.12.1945)
- Autorità procedente: Polizia partigiana di Torino oppure Questura di Milano [dato non chiaro]

Imputazioni: collaborazionismo, intelligenza con il nemico art. 54 cpmg

Descrizione: accusato di collaborazionismo per intelligenza con le forze armate fasciste repubblicane, avendo denunciato il 27.12.1944 alla Folgore di Rivoli (TO) i partigiani Decimo Bellettati, Egisippo Simioli, Giuseppe Venturello, Giuseppe Castagno, catturati e fucilati il 29.12.1944; e avendo prestato servizio nel battaglione delle SS italiane di Canzo (CO) e partecipato a operazioni di polizia.

Posizione processuale: detenuto, costituito in giudizio

Difesa: Avv. Giuseppe Barberi (di fiducia)

Esito della sentenza:
- Condanna: ritenuto colpevole del reato di collaborazionismo politico (art. 58 cpmg) (diversamente dall’imputazione); condanna alla detenzione per 18 anni

- Pene accessorie: interdizione perpetua dai pubblici uffici, libertà vigilata per 5 anni, spese legali

- Attenuanti: attenuanti generiche ex art. 62bis cp

- Motivazioni della sentenza: la Corte ritiene che la prima imputazione (delazione dei quattro partigiani poi fucilati) sia provata «in tutta la sua integrità e malvagità». Dalle indagini e dal dibattimento è emerso che Garzara notò i partigiani che si apprestavano a macellare un bovino mentre rientrava a casa e uscì dopo l’orario del coprifuoco senza avere un lasciapassare e senza poter spiegare per quale motivo lo fece. Garzara ha teso a sottolineare di essere uscito prima del coprifuoco e di essere stato fermato perché il suo documento non presentava la fotografia, ma in realtà uscì dopo il coprifuoco appositamente per andare a denunciare i quattro partigiani che vennero arrestati più tardi nella notte. Convergono a indicare Garzara quale delatore la voce pubblica, la testimonianza di Maria Bellettati a cui il milite fascista Castelli disse che a denunciare il fratello di Bellettati e gli altri fu un inquilino della casa di via Castelrotto, le ultime parole dette da Venturello alla moglie Agostina Bellettati, e quanto riferì alla stessa una persona che assistette alla fucilazione, la quale sentì dire a Garzara che era un atto giusto. Questo, unito al fatto che Agostina Bellettati vide Garzara a Rivoli il 28.12.1944 davanti alla sede fascista dove normalmente non si poteva sostare, dimostra che Garzara era a Rivoli il 28 e il 29.12.1944. Garzara ha cercato di dimostrare (anche con testimoni) che il 28.12.1944 dormì a Torino e che era a Torino il 29.12.1944 al momento della fucilazione, ma la Corte ritiene che l’efficienza delle corse tramviarie tra Rivoli e Torino sia tale da permettere di dormire a Torino e di essere per parte della giornata a Rivoli. Dopo il 29.12.1944 Garzara lasciò Rivoli perché non doveva sentirsi al sicuro, visto che in paese era stato individuato come delatore. Fu lui stesso a dire a Clerino, incontrata a Canzo nel gennaio 1945 dove Garzara era con le SS italiane, che aveva lasciato Rivolì perché aveva denunciato i quattro partigiani poi fucilati. Clerino era moglie di un membro delle SS e quindi Garzara non aveva motivo di nasconderle il fatto di Rivoli che anzi poteva essere motivo di vanto, anche se ha negato di avere confessato a Clerino di aver denunciato i partigiani. Che confessò invece è dimostrato dal dialogo intercorso tra Garzara e Clerino nel loro secondo incontro a Milano, quando Garzara, a una Clerino stupita che lui potesse essere entrato nei partigiani dopo quanto aveva fatto, disse che era stata una questione di fortuna. Garzara dunque denunciò i quattro uomini e con dolo perché non poteva ignorare le conseguenze della sua denuncia, tanto più che la divisione Folgore era nota per la sua ferocia. Le deposizioni di Simioni e Giordano provano inoltre che Garzara era di «sentimenti anti italiani» già prima del dicembre 1944 e dell’episodio della fucilazione, anche se non è possibile attribuire a lui la responsabilità dell’arresto e della deportazione dei testimoni. Non sono emersi elementi di prova per attività di collaborazionismo di Garzara a Canzo mentre era nelle SS. È dunque provato con i fatti di Rivoli che Garzara è colpevole di collaborazionismo col nemico invasore; tuttavia la sua collaborazione non è militare sia perché Garzara non era militare, sia perché non si stava svolgendo un’azione di tipo militare a Rivoli. La collaborazione è di tipo politico secondo l’art. 58 cpmg. La gravità della collaborazione che ha portato alla fucilazione dei quattro uomini richiede una sanzione grave perciò nella scelta della pena la Corte parte dal massimo di pena; d’altra parte Garzara è incensurato e non gode di buona salute e la Corte concede le attenuanti generiche. Non è possibile concedere come chiesto dalla difesa le attenuanti per minima importanza di concorso nel reato perché il ruolo di Garzara non fu minimo. La Corte non infligge la confisca dei beni essendo emersa la colpevolezza in un unico episodio.

Impugnazioni/Giudizio di rinvio:
- Ricorso avanti Corte di Cassazione di Roma
Data: 26.05.1946
- Promosso da: Gastone Garzara; Avv. Giuseppe Barberi (il 02.09.1946 Garzara aggiunge l’avv. Enrico Iovane alla sua difesa)
Sintesi dei motivi di impugnazione:
violazione art. 58 cpmg: l’imputazione originaria a carico di Garzara era collaborazionismo per aver tenuto intelligenza con il nemico ai sensi dell’art. 54 cpmg, ma la Corte ha modificato l’imputazione nell’art. 58 cpmg, collaborazionismo politico, per la denuncia dei quattro partigiani poi fucilati. La Corte ha dichiarato di aver raggiunto la prova di questa delazione, ma ha basato la sentenza su dichiarazioni, sospetti, pareri e non su testimonianze di fatti concreti della responsabilità di Garzara. La Corte ha dato peso ad alcuni elementi e ha omesso la valutazione di altri contrari all’accusa. Non si spiega perché secondo la Corte Garzara debba essere uscito per forza per andare a denunciare i quattro uomini e non per altri motivi; non si spiega perché non venga considerata la sua affermazione di essere uscito prima del coprifuoco e non dopo (tra l’altro nessuno lo vide uscire di casa quindi l’orario non può essere certo); non è provato che i quattro uomini fossero partigiani e non borsaneristi; non si capisce perché se erano noti partigiani che si incontravano spesso nello stabile (come afferma la sentenza) Garzara li abbia denunciati solo alla fine del 1944 e non prima; non ha senso che Garzara sia stato mandato a casa insieme al portiere, mentre avrebbe avuto senso nascondere la presenza e la persona del delatore. La Corte non ha preso in considerazione che il delatore potesse essere un altro inquilino dello stabile o altra persona di Rivoli e nemmeno che prima di Garzara furono sospettate due donne di aver fatto la denuncia. Non ci sono prove di vantaggi di alcun tipo venuti a Garzara dalla denuncia. Le dichiarazioni dell’imputato e le testimonianze secondo cui Garzara lasciò Rivoli il 28.12.1944 e rimase a Torino il giorno della fucilazione sono attendibili; quelle che lo vogliono presente a Rivoli il giorno della fucilazione lo sono meno. Garzara non può aver lasciato definitivamente Rivoli in così poco tempo perché responsabile della denuncia e intimorito dal restare in paese; la sua partenza per Torino doveva essere pianificata da tempo per quel giorno ed essere temporanea. A proposito dei collegamenti tranviari tra Rivoli e Torino la Corte sembra dimenticare che a fine 1944 ve ne erano solo due al giorno. La deposizione di Clerino in particolare non è attendibile perché di una donna, la quale come tale può essere facilmente incline a fantasie e capace di falsa testimonianza anche in buona fede: nello specifico Clerino può aver saputo della fucilazione dalla lettera di sua madre e aver attribuito a Garzara la notizia del fatto; inoltre Clerino non ha tenuto la lettera della madre. La Corte avrebbe dovuto assolvere Garzara almeno per insufficienza di prove.
violazione artt. 132 e 133 cp per difetto di motivi che dimostrano che la pena di 18 anni è adeguata alla responsabilità addebita a Garzara. La Corte avrebbe dovuto infliggere il minimo edittale considerando elementi oggettivi, le modalità dell’azione, gli elementi soggettivi della condizione dell’imputato, la mancanza di utile ricavato da Garzara nel compiere il fatto.
violazione dell’art. 114 cp: volendo ammettere che Garzara abbia denunciato i quattro uomini, manca la prova che la sua denuncia sia stata la sola causa della fucilazione eseguita dai militari della Folgore. Le conseguenze della denuncia avrebbero potuto essere diverse e in ogni caso Garzara non aveva controllo o influenza su di esse. La Corte avrebbe dovuto pertanto concedere le attenuanti.
in caso di rigetto del ricorso la difesa chiede l’applicazione dell’amnistia 22.06.1946 perché il fatto addebitato a Garzara non ricade nei casi di strage, lucro, sevizie particolarmente efferate, incendio, saccheggio.

- Sentenza Corte di Cassazione:
Data: 31.01.1947
Esito: annullamento senza rinvio
Motivazioni: reato estinto per amnistia

Esecuzione della pena:

- Carcerazione preventiva: dal 07.06.1945 al 23.05.1946

- Pena: dal 23.05.1946 al 22.10.1946
Durata prevista della detenzione: 18 anni
Durata effettiva della detenzione: 4 mesi e 29 giorni

Provvedimenti di clemenza: amnistia (Togliatti)
23/05/1946
Collocazione archivistica del fascicolo processuale: ASTO, Sezioni Riunite, Corte d’Assise di Torino - Sezione Speciale, Fascicoli processuali, mazzo 252. Collocazione archivistica in Istoreto: fondo "Sentenze della magistratura piemontese (1945-1960)".

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Relazioni con altri documenti e biografie




Mira Roberta 27/09/2023
Colombini Chiara 27/09/2023
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Come citare questa fonte. Processo contro Garzara Gastone (RG. N. 53/1946)  in Archivio Istoreto, fondo Processi Corti d'Assise Straordinarie del Piemonte e della Valle d'Aosta [IT-C00-FA18536]
Ultimo aggiornamento: sabato 19/12/2020