C00/00995/00/00/00019
Bonati Rodolfo e altri Corte di Cassazione di Roma
Sezione II penale
Composizione del Collegio:
Presidente: Serena Manghini
Consiglieri: Pannullo, Toesca, Del Guercio, Badia, Vita, Vista
Sentenza impugnata:
Sezione speciale della Corte d’Assise di Torino
Sent. N (s/n) del 28 febbraio 1947
Emanata nei confronti di: Bonati Rodolfo, Frezza Dante, De Reda Camillo, Serra Francesco, Saturnino Attilio, Tubidda Donato, Bona Giovanni, Ibba Gavino, D’Angella Paolo
Sentenza Corte di Cassazione:
Sent, n. 1191 del 10 dicembre 1947
Esito: annullamento senza rinvio per amnistia (Saturnino); annullamento con rinvio (Bonati, Frezza); rigetto del ricorso (Serra, D’Angella, Bona, Ibba, De Reda, Tubidda)
- Dispositivo:
La Corte Suprema di Cassazione annulla senza rinvio la sentenza 28 febbraio 1947 della sezione speciale della Corte d’Assise di Torino, limitatamente alla parte relativa a Saturnino Attilio, essendo il reato a questi ascritto estinto per amnistia.
Annulla la sentenza stessa nei riguardi di Bonati Rodolfo e di Frezza Dante per mancanza di motivazione sul diniego delle attenuanti generiche; e, limitatamente a questo punto, rinvia pel nuovo giudizio alla Corte di Assise ordinaria di Torino.
Rigetta i ricorsi proposti da Serra Francesco, D’Angella Paolo, Bona Giovanni, Ibba Gavino, De Reda Camillo e Tubidda Donato, che condanna in solido alle spese del procedimento ad essi relativo, nonché al pagamento di lire quattromila ciascuno a favore della Cassa delle ammende.
Ordina la scarcerazione di Saturnino Attilio, se non detenuto per altra causa.
Determina la pena inflitta a Serra Francesco e a De Reda Camillo in anni venti di reclusione e dichiara condonati, di detta pena, anni sei e mesi otto.
- Sintesi della motivazione:
La Corte d’Assise di Torino, sez. sp., condannava tutti i ricorrenti per collaborazionismo bellico col nemico: Bonati e Frezza alla pena di morte, De Rada e Serra a ventun anni di reclusione, Saturnino e Tubidda a sedici anni, Ibba a otto anni, D’Angella e Bona a sette anni.
Essi erano stati ritenuti responsabili di numerose azioni contro il movimento partigiano (catture, rastrellamenti, diversi omicidi, tutto approfonditamente descritto in sentenza), poste in essere in tre circostanze diverse quali appartenenti al corpo ausiliario di polizia agli ordini del Bonati, questore di Cuneo, e del Frezza, comandante del corpo.
Della questione era già stata investita una prima volta la Suprema Corte, che aveva annullato con rinvio una prima sentenza dell’Assise di Cuneo, sez. sp., per la mancata concessione delle attenuanti generiche per il Frezza e il Bonati e per difetto di motivazione sulla graduazione della pena per tutti gli altri imputati.
Il giudice di legittimità accoglie nuovamente il ricorso del Bonati e del Frezza sulla mancata concessione delle attenuanti generiche. La Corte del rinvio aveva, infatti, «reiterando l’errore della prima sentenza di merito», negato la concessione delle suddette attenuanti sulla base della gravità assoluta dei crimini commessi; il giudice di legittimità però ricorda, come già era stato sostenuto dalla prima sentenza di legittimità, che la concessione o meno delle circostanze ex art. 62 bis c.p. non può basarsi solo sulla gravità del fatto, ma anche sulla personalità del colpevole «descritta, fra l’altro, dalla condotta e dalla vita antecedenti al resto e dalla condotta contemporanea e susseguente ad esso». La Corte territoriale non avrebbe considerato una serie di azioni, positive secondo il giudizio della Cassazione, realizzate dai due imputati.
Nella sentenza impugnata, poi, il giudice aveva aggiunto che non poteva meritare alcuna attenuante chi, pur dimostrando «forza di controllo e senso di elevatezza d’animo», si era abbandonato ai più barbari istinti di distruzione e strage: vi sarebbe, qui, difetto di motivazione sia che la Corte avesse riconosciuto e subito smentito l’elevatezza d’animo dei ricorrenti (manifesta contraddittorietà), sia nel caso in cui avesse voluto ribadire ancora una volta che, per la gravità del fatto, non fosse necessaria l’analisi della personalità (nuovamente, violazione dei criteri dell’art. 133 c.p.).
La Corte di merito avrebbe invece dovuto sciogliere il dilemma e motivare la scelta «tra il barbaro istinto di strage come espressione di una intensa capacità a delinquere e la considerazione delle circostanze e dell’ambiente come causa di attenuazione della capacità stessa». Ciò si sarebbe dovuto fare nel caso di specie ove, a maggior ragione trattandosi di reati puniti con la pena di morte, l’analisi della personalità avrebbe potuto agire quale elemento per una più corretta commisurazione della pena da infliggersi e per la commutazione della stessa in reclusione.
Viene accolto anche il ricorso del Saturnino, con cui il medesimo lamentava la mancata applicazione dell’amnistia. Il giudice di merito aveva dimostrato che egli aveva partecipato solo ad uno degli episodi incriminati e, in quel frangente, alla sola fase iniziale dello stesso, causando mere lesioni ad un partigiano, tale Grisenti: non sussistono perciò cause ostative e si rientra pienamente nell’ambito di applicazione del beneficio.
Sul punto la Cassazione rileva inoltre la sua competenza a concedere amnistia, trattandosi di una delle questioni che, «purché non precluse dal giudicato, sono sempre rilevabili, in qualsiasi stato e grado del procedimento».
Riguardo agli altri ricorrenti la Suprema Corte, riconoscendo come fosse passata in giudicato la ricostruzione dei fatti (che non era stata oggetto di censure nel primo giudizio di Cassazione), si concentra sulla commisurazione delle pene e ravvisa unicamente un errore di calcolo per il Serra e il De Reda – per i quali, al netto delle attenuanti concesse, doveva comminarsi la pena di vent’anni e non ventuno come avvenuto (con conseguente condono pari non a sette, ma a sei anni e otto mesi).
- Massime:
Per la concessione delle attenuanti generiche ex art. 62 bis c.p. il giudice non deve tenere conto della sola gravità del reato, ma anche della personalità dell’imputato e dell’ambiente che possa aver inciso su di essa.
Difetta di motivazione la sentenza manifestamente contraddittoria in uno dei passaggi logici della decisione.
Se non già preclusa dal passaggio in giudicato, l’amnistia ex d.p. 22 giugno 1946, n. 4 può essere applicata in ogni stato e grado del procedimento, anche d’ufficio.
L’entità della pena può essere oggetto di rettifica anche d’ufficio da parte del giudice di legittimità.
10/12/1947
Come citare questa fonte. Bonati Rodolfo e altri in Archivio Istoreto, fondo Processi nelle Corti di Cassazione. Sentenze in materia di collaborazionismo [IT-C00-FA19601]