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Fascicolo: Fracchia Renato

C00/00995/00/00/00045
Fracchia Renato
Corte di Cassazione di Roma
Sezione II penale
Composizione del Collegio:
Presidente: De Ficchy
Consiglieri: Russo, Ruocco, Colucci, Pannullo, Cataldi, Violante

Sentenza impugnata:
Sezione speciale della Corte d’Assise di Torino
Sent. N. (s/n) del 17 dicembre 1945
Emanata nei confronti di: Fracchia Renato

Sentenza Corte di Cassazione:
Sent, n. 930 del 25 maggio 1946
Esito: annullamento con rinvio

- Dispositivo:
La Corte Suprema, visti gli art. 475, n. 3, 543, n. 3 e 545 c.p.p., annulla la sentenza impugnata per mancanza di motivazione sulle aggravanti dei reati di furto e di truffa, nonché per mancanza di motivazione sulle attenuanti generiche in ordine al reato di collaborazionismo. Rigetta nel resto e rinvia il giudizio alla sezione speciale della Corte d’Assise di Alessandria.

- Sintesi della motivazione:
La Suprema Corte accoglie la gran parte dei motivi di ricorso proposti dall’imputato, già condannato alla pena di morte per collaborazionismo col nemico ai sensi dell’art. 54 c.p.m.g., saccheggio e furto aggravati, truffa.
Il Fracchia – anche in concorso con la sorella, Fracchia Eva, e con tale Soave Gastone – si era infatti macchiato di una ben nutrita serie di atti persecutori commessi a danno della comunità ebraica torinese: aveva arrestato o fatto arrestare, spesso mediante raggiri o tranelli, svariati cittadini ebrei; saccheggiato la sinagoga, la scuola israelitica e la sede della comunità ebraica; rubato denari e ori a tali Ottolenghi Gustavo e Momigliano Pilade; truffato tale Ratti Maria facendole credere che, previo pagamento di 500000 lire, avrebbe liberato il marito, colonnello in stato di arresto a Milano. L’imputato, dunque, si era posto «volontariamente e con dolo alle dipendenze e al soldo del tedesco, quale agente delle S.S.», ponendo in essere un’attività «eccezionalmente accanita e spietata» contro i cittadini ebrei.
Il Collegio rigetta il motivo di ricorso inerente alla qualificazione del fatto di reato, confermando l’interpretazione della Corte di merito e rifiutando la più tenue configurazione di aiuto al nemico nei suoi disegni politici ex art. 58 c.p.m.g., pur prospettata dal ricorrente. «È evidente – si legge nella sentenza – che l’azione diretta a favorire il nemico, quando è concordata col nemico stesso, ha in sé una possibilità di danno maggiore di quella derivante da atti che possono solo indirettamente giovare al nemico, in quanto rivolti a secondarne i disegni politici verso il proprio Stato. Ora, il fatto di chi […] coadiuva il nemico nella persecuzione degli ebrei, eseguendo le sue istruzioni o concordando con esso le modalità dell’azione, costituisce senza dubbio il più grave reato di favoreggiamento militare previsto dall’art. 54 c.p.m.g.». Viene peraltro poi evidenziato come «la persecuzione razziale fu una delle più terribili e più spietate armi di guerra della Germania»: si rientra perciò a pieno titolo nel concetto di favoreggiamento militare.
Nonostante tali affermazioni, però, la Corte accoglie tutti gli altri motivi di ricorso. Relativamente alla mancata concessione delle attenuanti generiche, negate dal giudice di primo grado in ragione dell’efferatezza delle condotte, viene ricordato come la loro concessione sia indipendente dalla gravità del fatto e che, oltre al reato in sé, devono essere valutati «tutti gli altri elementi processuali dai quali si possa avere una visione completa e, per quanto è possibile, umanamente esatta della personalità del reo». Per quanto riguarda, invece, le aggravanti relative alle fattispecie di saccheggio e di furto, si ravvisa difetto di motivazione poiché la Corte di merito, che pure le aveva applicate, non ne aveva in alcun modo dimostrato la sussistenza.

- Massime:
Costituisce favoreggiamento militare ai sensi dell’art. 54 c.p.m.g., e non il più mite favoreggiamento politico ex art. 58 c.p.m.g., la condotta di chi coadiuva il nemico in seguito ad un accordo con lo stesso.

La concessione delle attenuanti generiche non è incompatibile con la gravità del fatto e deve derivare da una valutazione estesa a tutti gli elementi processuali dai quali si possa avere una visione completa e realistica della personalità del reo.

Difetta di motivazione la sentenza che non motivi l’applicazione o la non applicazione di talune circostanze, attenuanti o aggravanti.
25/05/1946


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Gallo Giacomo 02/07/2024
Di Massa Maria 02/07/2024
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Come citare questa fonte. Fracchia Renato  in Archivio Istoreto, fondo Processi nelle Corti di Cassazione. Sentenze in materia di collaborazionismo [IT-C00-FA19627]
Ultimo aggiornamento: sabato 19/12/2020