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Fascicolo: Frulli Francesco e altri

C00/00995/00/00/00048
Frulli Francesco e altri
Corte di Cassazione di Roma
Sezione II penale
Composizione del Collegio:
Presidente: Mangini
Consiglieri: Properzi, Trasimeni, Colucci, Cataldi, Badia, Violante

Sentenza impugnata:
Sezione speciale della Corte d’Assise di Torino
Sent. N. (s/n) del 11 ottobre 1946
Emanata nei confronti di: Frulli Francesco, Perini Augusto, Pitotti Alfonso, Quassolo Cipriano, Strumia Andrea

Sentenza Corte di Cassazione:
Sent, n. 769 del 30 maggio 1947
Esito: annullamento senza rinvio per Perini; annullamento con rinvio per i restanti coimputati

- Dispositivo:
La Corte di Cassazione, visti gli artt. 537, 539, 543 c.p.p., 3 d.lgs.lgt. 27/07/1944, n. 4, annulla senza rinvio l’impugnata sentenza 11/10/1946 della Corte d’Assise (sez. spec.) di Torino, nei riguardi del ricorrente Perini Augusto, per essere rimasto estinto il reato, per cui fu inflitta condanna, a seguito di amnistia.
Annulla la sentenza medesima nei riguardi dei ricorrenti Quassolo Cipriano, Sturmia Andrea e Frulli Francesco, per mancanza di motivazione sulla determinazione della pena, e nei riguardi del ricorrente Pitotti Alfonso per violazione di legge e mancanza di motivazione parimenti sulla determinazione della pena. Rinvia per nuovo esame su tale punto alla Corte d’Assise di Alessandria, sezione speciale. Rigetta nel resto.

- Sintesi della motivazione:
Tutti i coimputati erano stati ritenuti penalmente responsabili di collaborazionismo militare col nemico ai sensi dell’art. 51 c.p.m.g. e condannati alle seguenti pene: il Frulli a cinque anni e tre mesi di reclusione; il Perini a cinque anni di reclusione; il Pitotti a trent’anni di reclusione; il Quassolo a diciassette anni di reclusione e lo Strumia a dieci anni e quattro mesi di reclusione.
La Suprema Corte accoglie soltanto alcuni dei motivi di ricorso presentati dai coimputati.
Innanzitutto, per quanto riguarda il ricorrente Perini Augusto, il Collegio ritiene che i fatti accertati a suo carico non integrino l’ipotesi di concorso in omicidio come invece sostenuto dai giudici a quo. Le note di elogio e le proposte di encomio che il Perini, in qualità di comandante della prima Legione Ferroviari, rivolse ai suoi sottoposti a seguito di ciascuna azione compiuta dagli stessi, omicidi compresi, non possono infatti considerarsi come forma di partecipazione, neanche morale, rispetto alle stesse. L’affermazione della Corte di merito, secondo cui l’approvazione o lode per fatti già compiuti costituisca istigazione a compierne di analoghi in futuro, «urta contro la configurazione giuridica sia del concorso semplice nel reato, sia di quello aggravato per l’istigazione poiché dimentica che né dell’uno né dell’altro si può parlare se non in rapporto ad un’azione delittuosa in atto e non in potenza e l’approvazione del fatto compiuto non genera necessariamente […] un identico fatto futuro». Ritiene perciò il Collegio che, non configurandosi il predetto concorso in omicidio o altre cause ostative, debba applicarsi, nei confronti del Perini, l’amnistia di cui al decreto presidenziale 22 giugno 1946, n. 4 e, sul punto, annulla senza rinvio la sentenza impugnata.
Relativamente agli altri imputati, la Cassazione annulla la sentenza, disponendone il rinvio, perché ravvia difetto di motivazione nell’avvenuta commisurazione della pena a loro carico. Non sarebbe stato indicato con chiarezza l’ammontare della pena base, rendendo difficoltoso l’accertamento sul «retto uso della facoltà discrezionale», oltre che su eventuali errori di applicazione di pena. Nei confronti del solo Pitotti, inoltre, si ravvisa violazione di legge, avendo il Giudice di merito fissato la pena base, su cui poi era stata applicata un’attenuazione, ad un massimo non consentito dalla legge.
Tutti gli altri motivi di ricorso vengono respinti. In particolare, in riferimento alla responsabilità di tutti in relazione agli omicidi rispettivamente addebitati, la Suprema Corte conferma quanto sostenuto dal Collegio di merito affermando che «tutti coloro i quali hanno inseguito, sparando le loro armi, il […], il quale è caduto ferito, debbano essere ritenuti responsabili di concorso nell’omicidio del medesimo anche se […] il colpo mortale è stato inferto da uno degli inseguitori». E il concorso, in tal caso, sarebbe non soltanto morale, ma anche materiale «quale attività criminosa diretta ad un fine comune».
Viene inoltre respinto altro motivo di ricorso del Pitotti, con cui lamentava la mancata assoluzione con formula piena in riferimento all’omicidio dei partigiani Laurenti e Devalle, dandosi atto del legittimo dubbio della Corte di merito e, pertanto, della legittimità dell’avvenuta assoluzione per insufficienza di prove (nello specifico, «uguali per attendibilità ma contrarie deposizioni di testimoni»).

- Massime:
Non rientrano nelle ipotesi di concorso morale esternazioni di lodi ed elogi o proposte di encomio pronunciate successivamente al compimento di un fatto delittuoso, non potendosi ipotizzare né concorso né istigazione nel reato se il fatto delittuoso è già stato compiuto.

Difetta di motivazione la sentenza che non indichi con sufficientemente chiarezza l’ammontare della pena base, impedendo così qualsiasi sindacato sulla corretta commisurazione della stessa.

Risponde di concorso materiale in omicidio chi partecipi ai fatti che ne hanno determinato l’accadimento, pur non avendo materialmente causato il decesso (nello specifico: concorre nell’omicidio di un fuggitivo chi lo insegui sparando, nonostante non abbia inferto il colpo decisivo).

Non difetta di motivazione la sentenza che, dinnanzi al legittimo dubbio sulla valutazione del materiale probatorio, assolva per insufficienza di prove e non con formula piena.
30/05/1947


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Gallo Giacomo 02/07/2024
Di Massa Maria 02/07/2024
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Come citare questa fonte. Frulli Francesco e altri  in Archivio Istoreto, fondo Processi nelle Corti di Cassazione. Sentenze in materia di collaborazionismo [IT-C00-FA19630]
Ultimo aggiornamento: sabato 19/12/2020