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Fascicolo: Gaschino Aldo e Telmon Mario

C00/00995/00/00/00050
Gaschino Aldo e Telmon Mario
Corte di Cassazione di Roma
Sezione II penale
Composizione del Collegio:
Presidente: Mangini
Consiglieri: Colucci, Bicci, Vita, Violante, Bindi, Pietri

Sentenza impugnata:
Sezione speciale della Corte d’Assise di Torino
Sent. N (s/n) del 18 luglio 1946
Emanata nei confronti di: Gaschino Aldo, Telmon Mario

Sentenza Corte di Cassazione:
Sent, n. 282 del 26 febbraio 1947
Esito: annullamento con rinvio

- Dispositivo:
La Corte di Cassazione annulla la sentenza impugnata per mancanza di motivazione nei riguardi di ambedue i ricorrenti e rinvia il processo alla Corte di Assise, sezione speciale, di Alessandria.

- Sintesi della motivazione:
Aldo Gaschino e Mario Telmon ricorrevano in Cassazione dopo essere stati entrambi condannati alla pena, rispettivamente, di 16 anni di reclusione per il delitto di collaborazionismo ai sensi dell’art. 51 c.p.m.g. e di 24 anni di reclusione per il resto di cui all’art. 54 c.p.m.g.: il Gaschino era stato infatti ritenuto responsabile di alcuni rastrellamenti e della morte del tenente Carlo Carli, capo partigiano, mentre il Telmon, membro del tribunale militare straordinario di Torino, aveva partecipato al collegio che aveva condannato a morte tali Galvagni Aimone e Gippone Giuseppe.
Per quanto riguarda il Gaschino, la Corte ravvisa un difetto di motivazione in ordine al ritenuto delitto di collaborazionismo, che era stato accertato dal giudice di merito sulla base di un rapporto e di una lettera apparentemente firmate dal ricorrente, ma sulla cui autenticità vi erano dubbi consistenti. La sentenza di merito risulterebbe inoltre incerta nella parte in cui, «dopo avere acceduto alla versione che il Gaschino avrebbe effettuato di persona la uccisione del tenente Carli, formula l’ipotesi subordinata che lo stesso Gaschino abbia dato ordine ai militi di uccidere il detto patriota», omettendo così di stabilire in maniera sicura lo svolgimento dei fatti.
Infondato, poi, il motivo di ricorso con cui si chiedeva l’applicazione dell’art. 58 c.p.m.g.: se accertata, la responsabilità del Gaschino ricadrebbe nel più grave collaborazionismo bellico poiché, secondo costante giurisprudenza del Supremo Collegio, l’uccisione di partigiani «cioè di quegli elementi che erano vivacemente attivi contro il tedesco occupante, venendo a diminuire l’efficienza bellica delle forze della liberazione, e di riflesso a giovare agli interessi militari del nemico, costituisce il delitto di cui all’art. 51 c.p.m.g.».
Fondati, inoltre, gli altri motivi presentati dal Gaschino: sul computo delle attenuanti (preliminare diminuzione ex art. 26 c.p.m.g. e solo poi ulteriore diminuzione per le generiche), perché più favorevole all’imputato; sull’applicabilità del condono di cui all’art. 9 c.p. 4/1946, in caso di eventuale condanna, non ostando l’omicidio per motivi politici; sul difetto di motivazione in ordine alla misura della pena.
Quanto al Telmon, la Corte ravvisa difetto di motivazione nella parte in cui gli si attribuiva la responsabilità per le condanne a morte menzionate, pur avendo egli votato in senso contrario nel collegio. Ciò sarebbe «manifestamente erroneo» poiché avrebbe attribuito al Telmon «la responsabilità per i voti espressi agli altri componenti del collegio prescindendo completamente dal suo voto personale e dal contegno da lui realmente tenuto».
Così facendo, il giudice di merito avrebbe errato confondendo la responsabilità per collaborazionismo presunto, che sussiste per il solo fatto di aver accettato volontariamente di far parte del tribunale militare straordinario, con quella per collaborazionismo effettivo, sussistente solo qualora il soggetto agente tenga comportamenti di reale e positiva collaborazione nei disegni militari o politici del nemico.
Infondati gli altri motivi di ricorso presentati dal Telmon.
La sentenza viene perciò annullata sia nei riguardi del primo che del secondo ricorrente.

- Massime:
Un giudizio certo di responsabilità non può fondarsi su documenti dalla dubbia autenticità, né su una ricostruzione dei fatti che sia manifestamente incerta e contraddittoria.

L’esecuzione di partigiani configura il delitto di collaborazionismo bellico col nemico ai sensi dell’art. 51 c.p.m.g.

Per il corretto computo della pena deve applicarsi prima la diminuente speciale prevista all’art. 26 c.p.m.g. e solo poi, sulla pena risultante, devono essere applicate le circostanze attenuanti generiche di cui all’art. 62 bis c.p.

L’aver fatto parte di un tribunale militare speciale non configura di per sé il delitto di collaborazionismo, per il quale si richiede un indagine anche sul contegno tenuto dal soggetto agente.

Ravvisare una responsabilità per collaborazionismo presunto (come, nel caso di specie, la volontaria partecipazione ad un tribunale speciale) non legittima una condanna in sede penale, per la quale devono sussistere atti di collaborazionismo effettivo, cioè comportamenti di reale e positiva collaborazione – militare o politica che sia – col nemico.
26/02/1947


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Gallo Giacomo 02/07/2024
Di Massa Maria 02/07/2024
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Come citare questa fonte. Gaschino Aldo e Telmon Mario  in Archivio Istoreto, fondo Processi nelle Corti di Cassazione. Sentenze in materia di collaborazionismo [IT-C00-FA19632]
Ultimo aggiornamento: sabato 19/12/2020