C00/00995/00/00/00054
Graziano Ettore e Caverni Maria Corte di Cassazione di Milano
Sezione Speciale
Composizione del Collegio:
Presidente: Giulio Toesca
Consiglieri: Chieppa, Fazzari, Medici, Azzolina
Sentenza impugnata:
Corte d’Assise straordinaria di Torino
Sent. N. (s/n) del 21 giugno 1945
Emanata nei confronti di Graziano Ettore e Caverni Maria
Sentenza Corte di Cassazione:
Sent, n. 154 del 24 agosto 1945
Esito: annullamento senza rinvio
- Dispositivo:
La Corte, visto l’art. 539 c.p.p., annulla senza rinvio la sentenza della Corte di Assise Straordinaria di Torino, che, in data 21 giugno 1945, condannò Ettore Graziano e Maria Caverni, perché il fatto non costituisce reato.
- Sintesi della motivazione:
La Suprema Corte, sezione speciale di Milano, ritiene non sussista alcuna responsabilità penale in capo ai coniugi Graziano Ettore e Caverni Maria, condannati a sei mesi di reclusione in primo grado per partecipazione ad associazione antinazionale ai sensi dell’art. 271 c.p., poiché iscritti al partito fascista repubblicano e impiegati della federazione fascista repubblicana di Torino.
La Corte ribadisce – come in altre sentenze analoghe – l’irrilevanza della semplice iscrizione al p.f.r. sia con riferimento agli artt. 270 e 271 c.p. in materia di associazioni sovversive o antinazionali, sia in materia di cospirazione politica mediante associazione ex art. 305 c.p.
In riferimento alla prima coppia di norme, i giudici rilevano come il partito fascista repubblicano, pur «dannoso alla vita italiana in tutti i campi», non si proponesse né di stabilire violentemente la dittatura di una classe sociale sulle altre o di sopprimere gli ordinamenti economici e sociali dello stato (270 c.p.) né, tantomeno, di distruggere o deprimere il sentimento nazionale (271 c.p.), che veniva piuttosto eccitato «morbosamente» dalle attività del partito.
Per l’incriminazione ai sensi dell’art. 305 c.p. in materia di cospirazione politica, invece, per la Corte mancherebbe uno dei requisiti richiesti dalla norma, cioè la partecipazione all’associazione.
I giudici ricordano come, a differenza di quanto normalmente avviene in ambito associazionistico ove anche l’iscrizione può costituire di per sé un apporto «almeno morale» all’attività associativa in ragione della limitatezza nel numero degli aderenti e nella sfera d’azione, il caso del p.f.r. sia diverso, identificandosi esso «con il governo di fatto e con i suoi organi politici, sociali, militari» ed estendendo la sua azione sulla maggior parte del territorio italiano. La mera iscrizione, dunque, «spesso neppure consapevole dei fini reali del partito» e «spesso coatta per necessità di vita e di lavoro», non rappresenterebbe nient’altro che una «nuda formalità, che nulla dava, neppure nell’accrescere l’entità del numero, al partito e all’efficacia della sua opera».
Nella sentenza, inoltre, il Collegio ribadisce come, l’aver introdotto nuove norme con il d.lgs.lgt. 159/1944, senza inasprire l’apparato sanzionatorio preesistente, dimostrerebbe la volontà del legislatore di non utilizzare le ordinarie fattispecie del codice penale in relazione ad atti di ricostituzione del partito fascista, così come di promozione o semplice adesione allo stesso.
- Massima:
L’iscrizione, senza incarichi di comando, al partito fascista repubblicano non costituisce alcun reato e non comporta, pertanto, alcuna responsabilità penale in capo al soggetto interessato.
24/08/1945
Come citare questa fonte. Graziano Ettore e Caverni Maria in Archivio Istoreto, fondo Processi nelle Corti di Cassazione. Sentenze in materia di collaborazionismo [IT-C00-FA19636]