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Fascicolo: Ivaldi Giuseppe

C00/00995/00/00/00056
Ivaldi Giuseppe
Corte di Cassazione di Roma
Sezione II penale
Composizione del Collegio:
Presidente: Serena Manghini
Consiglieri: Toesca, Armao, Badia, Vita, Vista, Pietri

Sentenza impugnata:
Sezione Speciale della Corte d’Assise di Torino
Sent. N (s/n) dell’8 marzo 1946
Emanata nei confronti di: Ivaldi Giuseppe

Sentenza Corte di Cassazione:
Sent, n. 588 del 28 aprile 1947
Esito: rigetto

- Dispositivo:
La Corte, visto l’art. 549 c.p.pp rigetta il ricorso proposto da Ivaldi Giuseppe avverso la sentenza 8 marzo 1946 della prima sezione speciale della Corte d’Assise di Torino e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio, compresa la tassa di sentenza, nonché al versamento di lire duemila alla Cassa della ammende.

- Sintesi della motivazione:
Il ricorrente, citato in giudizio presso la Corte d’Assise di Cuneo, sez. sp., veniva condannato alla pena di morte perché ritenuto responsabile del delitto di banda armata ex art. 306 c.p., di collaborazionismo politico col nemico (58 c.p.m.g.) e di alcuni omicidi, commessi anche a danno di partigiani. Ricorreva perciò una prima volta in Cassazione, la quale annullava senza rinvio la parte relativa agli artt. 306 e 58, non costituendo i fatti contestati alcun reato, e rinviava la parte riguardante gli omicidi a nuova Corte di merito per la mancata concessione delle attenuanti di cui all’art. 114 c.p. La Corte del rinvio (Assise di Torino, sez. sp.), concesse dette attenuanti, lo condannava alla pena dell’ergastolo.
Nuovamente adita, la Suprema Corte rigetta il ricorso con cui l’Ivaldi chiedeva la concessione delle attenuanti generiche di cui all’art. 62 bis c.p., ritenendo però di dover meglio precisare la motivazione rispetto a quanto sostenuto dalla Corte territoriale – facoltà concessa al giudice di legittimità ex art. 538 c.p.p. 1930.
La Corte di Torino aveva ritenuto di non dover concedere tali attenuanti a causa dell’assenza di circostanze che giustificassero tale beneficio. Il Collegio di legittimità ritiene invece che l’Ivaldi non potesse nemmeno avanzare tale richiesta, su cui si era già formato il giudicato in seguito alla prima pronuncia di Cassazione: il ricorrente aveva infatti avanzato richiesta di attenuanti generiche già dinnanzi alla corte di Cuneo.
Nessun rilievo avrebbe il fatto che tale precedente istanza fosse stata avanzata ai sensi dell’art. 7 d.lgs.lgt. 159/1944 dal momento che, come sottolineato dalla Cassazione, la natura delle attenuanti richieste era la medesima di quelle di cui all’art. 62 bis; né avrebbe valore la differente attenuazione di pena prevista dalle citate norme (unico elemento differenziale fra di esse), non mutando per ciò solo l’essenza delle attenuanti, proprio «come non muta un qualsiasi reato soltanto per l’eventuale variazione della pena comminata dalla legge».

- Massima:
In caso di successione di norme analoghe (qualora l’essenza delle stesse sia, cioè, la medesima), il rifiuto di un’istanza presentata ai sensi della norma precedente, su cui si sia formato il giudicato, impedisce la riproposizione di una richiesta simile che sia avanzata in conformità della norma successiva. In tal caso, l’eventuale seconda istanza deve essere dichiarata inammissibile.
28/04/1947


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Gallo Giacomo 02/07/2024
Di Massa Maria 02/07/2024
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Come citare questa fonte. Ivaldi Giuseppe  in Archivio Istoreto, fondo Processi nelle Corti di Cassazione. Sentenze in materia di collaborazionismo [IT-C00-FA19638]
Ultimo aggiornamento: sabato 19/12/2020