C00/00995/00/00/00075
Pansecchi Franco e altri Corte di Cassazione di Roma
Sezione II penale
Composizione del Collegio:
Presidente: Serena Monghini
Consiglieri: Colucci, Misasi, Trasimeni, Castaldi, Vista, Ricciardelli
Sentenza impugnata:
Sezione speciale della Corte d’Assise di Torino
Sent. N. (s/n) del 3 ottobre 1946
Emanata nei confronti di Pansecchi Franco, Badinelli Angelo, Visconti Prasca Vittorio, Plumari Michele
Sentenza Corte di Cassazione:
Sent, n. 455 del 28 marzo 1947
Esito: annullamento senza rinvio per il Plumari, annullamento con rinvio nel resto
- Dispositivo:
La Corte Suprema, visto l’art. 543 n. 3 c.p.p., annulla la sentenza della seconda sezione speciale della Corte d’Assise di Torino, del 3 ottobre 1946, nei confronti del Pansecchi Franco per mancanza di motivazione sul diniego delle attenuanti di cui agli art. 62 bis c.p. e 26 c.p.m.g., nonché sulla misura della confisca dei beni; nei confronti del Badinelli Angelo e del Visconti Prasca Vittorio per mancanza di motivazione nel diniego delle attenuanti generiche, di cui all’art. 62 bis c.p.; rinvia il giudizio su tali punti alla sezione speciale della Corte di Assise di Pisa.
Visto poi l’art. 539 c.p.p., annulla senza rinvio la sentenza stessa nei confronti del Plumari Michele, per non aver questi commesso il fatto ascrittogli.
- Sintesi della motivazione:
Tutti gli imputati, ritenuti a vario titolo colpevoli del delitto di cui all’art. 51 c.p.m.g., venivano condannati alla pena di morte dalla Corte d’Assise, sez. sp., di Cuneo con sentenza che veniva annullata con rinvio in Cassazione. La Corte d’Assise, sez. sp., di Torino condannava pertanto il Pansecchi e il Badinelli alla pena di morte, oltre cha alla confisca dei beni; il Visconti Prasca, applicata la diminuente di cui all’art. 114 c.p., a trent’anni di reclusione (di cui dieci condonati); e assolveva il Plumari per insufficienza di prove.
Il Supremo Collegio annulla la sentenza del giudice del rinvio per diverse ragioni.
Quanto al ricorso del Pansecchi (capitano della brigata nera), la Corte ravvisa le «stesse manchevolezze del primo giudice di merito» per quanto riguarda la negata concessione delle attenuanti generiche e della diminuente ex art. 26 c.p.m.g. La corte del rinvio avrebbe negato il beneficio delle generiche basandosi esclusivamente sulla gravità dei fatti commessi (che indicavano un «soggetto particolarmente dannoso alla società e meritevole di essere dalla società stessa eliminato») e tralasciando quegli elementi estranei al reato che, ai sensi dell’art. 133 c.p., rilevano nella valutazione della personalità del reo: nel caso di specie, la Corte di merito non avrebbe considerato l’ambiente, il momento storico e la giovane età dell’imputato, condizioni per le quali «molto difficile diventava, specialmente alle giovani generazioni, distinguere il bene dal male». Il giudice del rinvio avrebbe poi omesso di considerare diverse testimonianze che dimostravano l’interessamento dell’imputato in favore di partigiani e di membri del CLN.
Passando all’attenuante prevista all’art. 26 c.p.m.g. la Corte del rinvio – che aveva negato il beneficio in ragione sia del dubbio sull’esistenza di una decorazione al valor militare, sia dell’entità «meno che mediocre» dei fatti da cui sarebbe originata la medaglia – aveva parimenti errato: non solo il dubbio non appariva giustificato in base alle risultanze probatorie e ad un giudice non apparteneva il potere di sindacare le motivazioni della concessione di una medaglia al valore militare, ma anche perché, di nuovo, la valutazione si era basata esclusivamente sulla gravità dei fatti senza un’adeguata valutazione della personalità del colpevole (aveva subito delle lesioni personali in fatti d’armi, che avrebbero potuto giustificare l’attenuazione della pena).
Quanto alla confisca, il difetto di motivazione concerne la mancata spiegazione dei motivi a giustificazione della confisca totale, anziché parziale, dei beni del ricorrente.
Simili ragioni giustificano l’accoglimento del ricorso del Bedinelli, al quale erano state negate le attenuanti generiche a causa della gravità dei fatti, senza indagare su tutti gli altri elementi che avrebbero potuto influire sulle condizioni personali dell’imputato – nel caso di specie «una pregressa sindrome epilettica, un’incipiente intossicazione alcolica ed infezioni veneree e sifilitiche» che sarebbero dovute essere vagliate per stabilire se potessero giustificare almeno un’attenuazione della sanzione. Inoltre, la sentenza impugnata non aveva fatto alcun cenno all’attività svolta dal Bedinelli nell’insurrezione contro i nazifascisti.
Al Visconti Prasca viene negato il beneficio dell’amnistia dal momento che, partecipando ad un‘operazione in cui erano stati commessi degli omicidi, anch’egli fu cooperatore degli esecutori materiali degli omicidi, pur non facendo parte del plotone di esecuzione. Custodendo gli arrestati aveva infatti partecipato pienamente alla rappresaglia e non poteva non ritenersi responsabile in concorso per gli omicidi ivi avvenuti.
Viene invece ravvisato difetto motivazionale nella diniego, da parte del giudice del merito, sulle attenuanti generiche: la Corte aveva infatti concesso l’attenuante di cui all’art. 114 c.p., ma non si era per niente occupata delle generiche, come peraltro richiesto nella prima sentenza di rinvio della Cassazione.
Per il Pansecchi, il Badinelli e il Visconti Prasca si rende necessario, pertanto, nuovo rinvio.
Quanto al Plumari, invece, la Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata e lo assolve con formula piena viste le circostanze di fatto che escludevano una sua qualsiasi responsabilità per il delitto a lui originariamente contestato. L’assoluzione per insufficienza di prove sarebbe stata legittima soltanto in caso di dubbio, qualora esistessero prove insufficienti a fondare una sentenza di condanna, che nel caso di specie non sussistevano.
- Massime:
Nel valutare sulla concessione o meno di una o più circostanza attenuante, comprese le attenuanti generiche di cui all’art. 62 bis c.p., il giudice non può limitarsi a considerare la gravità dei fatti commessi, ma deve valutare tutti gli altri elementi estranei al reato che possano avere avuto un’influenza sulla personalità del reo.
Riguardo alla concessione dell’attenuante prevista dall’art. 26 c.p.m.g., al giudice non è consentito sindacare le motivazioni alla base di una decorazione al valor militare per sminuirne il valore.
Difetta di motivazione la sentenza che non motivi le ragioni per cui, invece che la confisca parziale, sia stata disposta confisca totale dei beni.
Quando più persone partecipano ad un’operazione criminosa, a ciascuna di esse va attribuito il risultato delle loro forze associate: non può dunque concedersi il beneficio dell’amnistia ex d.p. 22 giugno 1946, n. 4 a colui che cooperi ad una rappresaglia in cui avvengano omicidi, pur non avendo fatto parte del plotone di esecuzione.
L’assoluzione con formula dubitativa (per insufficienza di prove) richiede l’effettiva esistenza di prove, che non siano sufficienti a giustificare la condanna, non bastando semplici dubbi, indizi o sospetti: in tal caso, infatti, dovrà procedersi ad assoluzione con formula piena.
28/03/1947
Come citare questa fonte. Pansecchi Franco e altri in Archivio Istoreto, fondo Processi nelle Corti di Cassazione. Sentenze in materia di collaborazionismo [IT-C00-FA19657]