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Fascicolo: Ribet Olga

C00/00995/00/00/00082
Ribet Olga
Corte di Cassazione di Roma
Sezione II penale
Composizione del Collegio:
Presidente: De Ficchy
Consiglieri: Properzi, Pannullo, Badia, Maiorana, Vista, Pietri

Sentenza impugnata:
Sezione Speciale della Corte d’Assise di Torino
Sent. N (s/n) del 16 gennaio 1946
Emanata nei confronti di: Ribet Olga

Sentenza Corte di Cassazione:
Sent, n. 494 del 9 aprile 1947
Esito: rigetto

- Dispositivo:
Letti ed applicati gli art. 9 d. 22/06/1946 n. 4 del Capo Provvisorio della Repubblica e 549 c.p.p., rigetta il ricorso proposto da Ribet Olga avverso la sentenza 16 gennaio 1946 della Terza Sezione speciale della Corte d’Assise di Torino e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio, con la tassa di sentenza, nonché al versamento della somma di L. 2000 alla Cassa delle ammende.
Dichiara condonato un terzo della pena inflitta alla Ribet con l’impugnata sentenza.

- Sintesi della motivazione:
La ricorrente veniva condannata dalla Corte di primo grado alla pena di 30 anni di reclusione in quanto ritenuta responsabile dei delitti di cui agli artt. 51 e 54 c.p.m.g., avendo ella svolto attività di spionaggio in favore dei nazifascisti, oltre ad aver partecipato a vari rastrellamenti e arresti, sfruttando la sua vicinanza con il movimento partigiano.
Il primo motivo, con cui la Ribet aveva lamentato il mancato accoglimento dell’istanza di perizia psichiatrica, viene rigettato perché la Corte di merito aveva motivato, «attraverso un ragionamento che risulta immune da vizi logici» e perciò non censurabile, la pienezza delle funzioni mentali dell’imputata («intelligenza non comune ed una volontà pienamente libera»). Né poteva darsi credito alle ragioni addotte dalla stessa – la sifilide e un pregresso tentativo di suicidio – poiché la prima non è sufficiente a causare infermità di mente, mentre il secondo non era stato altro che una mistificazione, come ampiamente dimostrato nel giudizio di primo grado.
Anche il secondo motivo non trova accoglimento. La ricorrente sosteneva infatti di aver compiuto quanto contestato solo dopo il suo primo arresto (avvenuto il 22/10/1943) e sotto costringimento fisico, ma la Corte sottolinea come fosse vero il contrario, basandosi sulle articolate risultanze probatorie raccolte in primo grado (veniva sempre rilasciata dopo ogni arresto, era stata vista entrare nella sede del comando tedesco ben prima del 20 ottobre 1943, i nazifascisti erano a conoscenza di informazioni che aveva potuto sentire solo lei e simili): il valore di queste prove era «tale e così evidente che sarebbe [stato] assurdo ritenere illogico o arbitrario il convincimento della Corte di Torino», secondo cui la ricorrente aveva cooperato col nemico ben prima del suo arresto e in modo del tutto volontario.
Parimenti, il terzo motivo, secondo cui il fatto sarebbe da inquadrare nella più tenue fattispecie di collaborazionismo politico col nemico e non nella più grave di aiuto bellico, viene rigettato. Le azioni della Ribet avevano infatti causato la distruzione di un intero gruppo di partigiani, il quale, nonostante la rudimentalità della sua organizzazione, rappresentava già una minaccia «reale e concreta per il nemico, in quanto già provvisto di armi».
Infine, non può applicarsi l’amnistia d.p. 22 giugno 1946, n. 4 visto che le azioni condotte dalla ricorrente erano state causate dal fine di lucro, come ampiamente dimostrato dalle varie risultanze processuali che dimostravano la volontà di ottenere ricompense per le sue azioni e dal fatto che ad un certo punto passò al servizio del tedesco invasore proprio perché si rese conto che le avrebbe potuto fruttare di più.

- Massima:
Integra la fattispecie di collaborazionismo bellico col nemico (art. 51 c.p.m.g.) la condotta di chi realizza attacchi contro gruppi partigiani – anche se l’organizzazione del gruppo sia ancora ad uno stadio rudimentale, dal momento che, se provvisto di armi, esso rappresenta comunque una minaccia militare per il tedesco invasore.

Se il giudice di merito motiva adeguatamente e senza vizi logici il proprio convincimento, la sentenza non può essere investita da annullamento.
09/04/1947


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Gallo Giacomo 08/07/2024
Di Massa Maria 08/07/2024
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Come citare questa fonte. Ribet Olga  in Archivio Istoreto, fondo Processi nelle Corti di Cassazione. Sentenze in materia di collaborazionismo [IT-C00-FA19664]
Ultimo aggiornamento: sabato 19/12/2020