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Fascicolo: Romani Giovanni

C00/00995/00/00/00085
Romani Giovanni
Corte di Cassazione di Milano
Sezione Speciale
Composizione del Collegio:
Presidente: Giulio Toesca
Consiglieri: Badia, Azzolina, Guidi, Palazzo

Sentenza impugnata:
Corte d’Assise straordinaria di Torino
Sent. N. (s/n) del 13 settembre 1945
Emanata nei confronti di: Giovanni Romani

Sentenza Corte di Cassazione:
Sent, n. 328 del 12 ottobre 1945
Esito: annullamento con rinvio

- Dispositivo:
Visti gli art. 537 e seg. c.p.p., la Corte, in accoglimento del secondo mezzo di ricorso, annulla la sentenza impugnata per difetto di motivazione sulla mancata applicazione delle attenuanti generiche e rinvia la causa per nuovo esame ad altra sezione della Corte straordinaria d’Assise di Torino.

- Sintesi della motivazione:
La Suprema Corte accoglie qui uno solo fra i motivi di ricorso del Romani, precedentemente condannato dalla C.a.s. torinese alla pena di morte ai sensi degli artt. 51 («Aiuto al nemico») e 54 («Intelligenze o corrispondenza con il nemico») c.p.m.g. Egli aveva infatti favorito le operazioni del nemico, adoperandosi per il rintraccio e l’arresto di numerosi partigiani «che consegnava, dopo averli torturati e seviziati, alle autorità nazifasciste». Aveva inoltre favorito l'impossessamento, da parte delle autorità nazifasciste, di merci di cui avevano bisogno.
Il Collegio, rigettando il primo motivo di ricorso con cui il Romani sosteneva l’applicabilità dell’art. 58 c.p.m.g. non trattandosi di favoreggiamento militare, ribadisce la qualificazione delle condotte data dalla Corte di merito.
Stante il fatto che per aversi favoreggiamento militare non sono necessarie «operazioni armate in grande stile dirette contro reparti di patrioti in armi» e perciò la fattispecie è perfettamente applicabile al caso concreto, i giudici affermano che la «cattura di partigiani è favoreggiamento militare, perché è notorio che i partigiani si erano assunti il compito di combattere il nemico […], collaborando con le forze armate della nazione che tendevano alla liberazione del territorio invaso». Il favoreggiamento dei disegni politici del nemico è altra cosa: possono infatti consistere «nell’assoggettamento, nell’annessione, nell’asservimento politico di quel territorio con o senza la previa disfatta militare». Il Romani, con le sue azioni, agiva invece – secondo il Supremo Collegio – al fine di far conseguire al nemico la vittoria militare, perché «la cattura e l’internamento dei partigiani menomava immediatamente le formazioni collaboranti con le forze nazionali».
Il secondo motivo di ricorso, relativo alla mancata concessione delle attenuanti generiche, viene accolto per difetto di motivazione, non avendo la Corte di primo grado vagliato correttamente i fatti emersi a favore dell’imputato, vero e proprio dovere del magistrato «di fronte a un’imputazione di tanta gravità, che importa la pena di morte, ed essendosi limitata a rilevare come la prova di quale episodio di tolleranza costituisse un «ritornello» in cause del genere. Nel caso di specie, erano emersi il suo interessamento per la liberazione di un partigiano e il suo interessamento per evitare l’arresto di tutto il personale delle ferriere della FIAT, che la MAS e la GNR volevano effettuare – episodi che la Corte non avrebbe valutato in alcun modo. Né sarebbero state vagliate, infine, le circostanze che hanno portato il Romani a collaborare col tedesco invasore.

- Massime:
Risponde del reato di aiuto al nemico ex art. 51 c.p.m.g., e non della più tenue fattispecie di cui all’art. 58 c.p.m.g., «Aiuto al nemico nei suoi disegni politici», chi ponga in essere attività di cattura o internamento di partigiani, nuocendo con ciò alle operazioni militari dello Stato italiano.

Risponde del reato di «Intelligenze o corrispondenza con il nemico» (art. 54 c.p.m.g.), e non della più tenue fattispecie di cui all’art. 58 c.p.m.g., «Aiuto al nemico nei suoi disegni politici», chi, in accordo con esso, fornisca informazioni per farlo impossessare di merci di cui abbisogna.

Difetta di motivazione la sentenza che, nel valutare sull’applicabilità o meno delle attenuanti generiche, non prenda debitamente in considerazione i fatti emersi a favore dell’imputato e si rifiuti di prenderli in considerazione col pretesto che fatti simili vengono comunemente invocati dalla maggioranza degli imputati.
12/10/1945


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Gallo Giacomo 08/07/2024
Di Massa Maria 08/07/2024
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Come citare questa fonte. Romani Giovanni  in Archivio Istoreto, fondo Processi nelle Corti di Cassazione. Sentenze in materia di collaborazionismo [IT-C00-FA19667]
Ultimo aggiornamento: sabato 19/12/2020