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VIDEO: Intervista a Annamaria Sacco in Novaro

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Intervista a Annamaria Sacco in Novaro
Si tratta dell'intervista registrata a Torino il 21 novembre 2008. Il testimone racconta la sua storia con particolare attenzione alla partecipazione dei suoi fratelli alla guerra di liberazione in Val Chisone.
Si tratta dell'intervista raccolta a Torino il 25/11/2008.
L’intervista si apre con il racconto del suo arresto per attività clandestina, in seguito alla denuncia di un delatore. La testimone si sofferma sul trasferimento presso il carcere le Nuove di Torino dal 3 febbraio al 5 aprile del 1945 e affronta diversi argomenti: la convivenza con le altre detenute, le condizioni igieniche, gli interrogatori.
È la secondogenita di Italo Sacco ed Elvira Bettazzi. I suoi fratelli Giorgo e Rodolfo si ritirano in Val Chisone, al seguito della formazione Giustizia e Libertà. Lei e sua sorella Marisa decidono di sostenerli distribuendo stampa clandestina e fornendo sostegno alle famiglie dei caduti.
La testimone racconta dei suoi studi presso la Facoltà di Medicina: l’interruzione imposta dalla guerra, l’esiguo numero di rappresentanza femminile, il recupero degli esami dopo la Liberazione.
Gli ultimi minuti sono dedicati al racconto della vita familiare durante il periodo bellico, la Resistenza, il Dopoguerra. Anna Maria si sofferma sul clima di libertà intellettuale, sulle scelte politiche dei suoi fratelli, il graduale ritorno alla vita normale e la conclusione degli studi.



21/11/2008;
Trascrizione: Eravamo da cinque a sei in cella, uasi tutto il periodo, cioè poi tutta la prima metà del perido--------------
Poi sono passata in una cella dove eravamo cinque, tutte politiche, mentre invece il primo mese ho avuto l’alternarsi di quelle che stavano tre giorni, che rano le prostitute e le borsaneriste. E lì ho fatto la più bella gaffe perché uno è inucuriosito quando conosce una prostituta ----------Non è che nella mia vita abituale mi capitasse con una certa frequenza ----- d’incontrare una prostituta e allora le ho chiesto: “Ma quanto prende per…?”. Lei mi speigava con molta […] che lei andava solo con i fascisti e con i tedeschi e, no, era un segno di essere […] un segno di nobiltà della prostituzione --------------------------------------------------------------------------
Ed ero poi uscita per scambio di prigioniere. E mi ricordo quella sensazione di com’era enorme lo spazio. Uscendo dal portone delle Nuove mi sono trovata davanti a uno spazio enorme perché stando tutto il tempo in spazi ristretti [e]uno dimentica che cosa vuol dire ---------------------------
Come è finita la guerra ci siamo prima --------studiare per coprire gli arretrati, sperando che nostro padre riuscisse a mantenerci fino al momento. E io mi sono trovata che ero iscritta al quinto anno di medicina e avevo gli esami dei primi due anni. Mi sono laureata al sest’anno, a luglio. “In due anni” [chiede la curatrice dell’intervista]. In due anni ho fatto quattro di medicina, laurea sperimentale e mi sono laureata a luglio. Da’altra parte era così bello poter studiare e non avere più paura della vita. In più, diciamo, la precarietà della vita ti diceva “studia e cerca di farlo finchè tuo padre cerca di fartelo fare”. Non era neanche un ragionamento, faceva parte del vivere. Perché, perché era tutto sul precario […] diciamo l’introito di denaro. Non so, mio padre, non ho la più pallida idea di mio padre come abbia fatto a mantenerci perché, immagino, che di grandi […]. lui faceva l’avvocato, processi non se ne facessero. Non aveva una grande clientela, non lo so perché non mi interessava, come non interessa mai a nessun figlio e […], ma sapevamo che di soldi ce n’erano pochissimi. Ce n’erano pochi dappertutto, in casa eravamo cinque, miseria!E che quindi bisognava fare più in fretta e più-------------riuscire a fare tutto il più in fretta possibile.
Lei ha ragione a dire “se sceglie”che la maggior parte non abbiamo scelto. Ci siamo trovati nella bagna, per la maggior parte è stato così. Ora, trovandosi nella bagna, uno poi nell’inferno-------- sceglie.Però questo fatto che è diciamo “ci siamo trovati nella bagna” è essenziale.
Allora cosa ho cominciato a fare? Io, eravamo con una mia compagna di corso, la Sisto, e, non ricordo più come, scopriamo che i fratelli erano in montagna insieme e allora decidiamo, insomma, di dare una mano. Cosa che poi, in concreto, non abbiamo poi quasi più fatto----------------------
Ora, passando gli anni ed essendo sposata con figli -----------la centralità della vita ----------ho avuto dei figli, questa è la cosa più importante che uno può avere nella propria vita.
Allora, pensando a mia madxre mi è venuto proprio in mente l’esempio della solitudine assoluta. Allora, mia madfre in casa […] stavamo in Via Plana, 11. Il giorno dopo che hanno arrestato me erano venuti a prendere---------- c’era una stupida che aveva dato tutta l’organizzazione delle cose giovanili a un fascista e quindi sono partiti in una giornata, hanno cercato di prenderci tutti.
Vengono a casa, io con Marisa decidiamo che a casa bisognava andare per andare a togliere a casa certe cose. Tiriamo a sorte chi toccava chi toccava. Tocca a me, vado io. Vado io e quindi arrivano quell[e] della GNR e prendono me. Prendono me e , in quel momento c’era Laura Sisto in casa con me; e quindi ci prendono tutte e due. Ci hanno portato a […] in Questura. E io mi ricordo quando dalla casa siamo usciti che sto camion, un camioncino, prende la strada e quando ho visto che prende la strada della Questura ho tirato un sospiro di sollievo. Era il posto dove picchiavano meno e quindi dove era più facile, diciamo, convivere. E ho avuto due giorni di interrogatori, interrogata da Maselli che era il Questore. No, non era il Questore, come si chiama il capo della polizia.
E io mi ricordo, durante l’interrogatorio con me, Maselli, mi ero detta :“Ma lui pensa che la guerra stia per finire”. Perché, durante l’interrogatorio, ---------- in Questura erano rimasti questi interrogatori, non so se adesso si sono persi. Mi ricordo che dopo, finita la guerra, qualcuno del CLN li aveva avuti in mano. Non so se si siano persi. Lui nell’interrogatorio faceva delle leggere insinuazioni su quanto lui aveva protetto, aveva aiutato, aveva già in mente “vediamo, speriamo che non mi ammazzino. Quando finisce la guerra cerchiamo gli aiuti per il futuro”. Se l’era cavata dire, non l’hanno ammazzato.
Boh, diciamo che la situazione di rischiare la pelle che adesso sarebbe una cosa […] ci sembra una cosa, allora era così quotidiana, era lo stato naturale quotidiano.
Infatti io mi ricordo che ho sentito la guerra finita quando mi sono accorta che non riconoscevo più il polizziotto in borghese al fondo della strada. Questo è stato il segno per me che la guerra era finita. Perché la guerra era finita, però la situazione è stata difficile per un tempo abbastanza notevole.
Mia madre, il giorno dopo che hanno preso me, di mio padre non sapeva cosa ne era. Il primo mio fratello era ufficiale ed era disperso in Africa. Poi Marisa non sapevano se l’avevano presa; speravano che fosse andata bene. Di me, sapevano che mi avevano preso. Rodolfo era condannabile a morte a Pinerolo e Giorgio era condannato a morte sotto i tedeschi, in un paese vicino a Pinerolo. Non mi chiedete il nome perché non lo so.
Io mi ricordo una volta che sono andata, e sono andata a piedi, partendo da Torino a piedi e, a un certo punto, non mi ricordo più dove ho incontrato mio padre che di sua iniziativa era andato. Ma quei disgraziati di fratelli avevano fatto saltare in aria i ponti proprio in quei giorni e quindi non siamo mai arrivati.
Il lavoro clandestino che in concreto io ho fattoera quello di andare nelle famiglie dove avevano arrestato qualcuno, o era morto qualcuno, per vedere se avevano bisogno, insomma per metterli in contattto con un’organizzazione di aiuto. E l’altra era quella della stampa, la distribuzione della stampa. E avavmo un alloggio in cima, dove era il capolinea del 3. Uno non si accorgeva neanche più di avere paura, ma eravamo a rischio, sempre. Non a un rischio, a tanti rischi, costantemente. Non si sapeva mai se l’altro era vivo. Non ci siamo […] io non ho chiesto niente a nessuno. Mi son messa a vivere. Non ci siamo raccontati niente, ci siamo rimessi tutti a vivere. E i due fratelli, Rodolfo e Giorgio, han subito messo [in coso] Movemento studentesco---------. Erano naturalmente uno a acapo della truppa di destra, l’altro a capo della truppa di sinistra e uando andavano a afare le riunioni si portavano dietro il campanello della tavola di casa nostra. Che poi veniva riporatto. --------ed erano appunto di due. Ma in casa c’era tutta la, c’era tutta la sfumatura politica… Il che non è male.
Nel mio anno------il primo anno eravamo qualcuna in più, ma poi cinque ragazze su trecento-------mica male così. Lei lo sa benissimo, non è mica male essere poche donne in mezzo a tanti uomini, specialmente quando si è giovani. Era una bella cosa, però c’era ancora questa […]era più difficile per noi fare medicina perché non tutti trovavano che la donna, non tutti i professori che davano esami.
Però quando lei è dentro una cella, nel giro immediato, capisce che lei dipende dalla secondina e dalle compagne di cella. Allora se, naturalmente la convivenza era forzata------------la cella delle Nuove esra 7 passi e mezzo per tre e mezzo, ed eravamo in sei. Allora se lei sopporta, se in quella cella viene fuori la prepotenza, la maleducazione.------------ essere più forti di loro. I l’ho tradotto con comandare che non è proprio la stessa cosa---------ma essere più forti di loro. Se lei pensa che il gabinetto è in cella, insomma si è in condizioni, si è sporchi. E quando sono venuta via si cominciava con la mollica di pane a sigillare i nidi delle cimici nei muri. Sono venuta in tempo per non avere le cimici. E quando sono uscita per scambio sono uscita con uel liberale che poi aveva nove figli, quello che parlava bene-----------. E non mi ricordo più.
E’ chiaro che se vai a chiederlo a chi ha fatto un po’ di resistenza, eccetera, non può dirvi […] racconta dei disagi materiali, fisici -----------non racconta. E’ stato un inverno terrificante, dove non ci si scaldava nelle case. Ci si metteva addosso tutti gli stracci che si avevano, diciamo proprio tutti gli stracci che si avevano, ma era un periodo dove non si trovava niente.
All’inizio della guerra lei non poteva comprare un paio di scarpe perché non ce n’erano. Uindi camminava con un paio di scarpe che poi rovinavano i piedi e facevano a un cero momento delle suole di legno e delle strisce di stoffa , ma capisce che l legno […].
Sì, io mi ricordo, quando abbiamo cominciato a fare quelle cose che naturalmente non si riesce a nascondere. Allora con mia madre, mia sorella avevamo detto che ci occupavamo di mandare dei medicinali in montagna. Io me lo ricordo, ma una volta che è entrata in camera e c’era tutta la stampa divisa e mi dice : “Ah, sono quelli i medicinali”. Chiude la oprta e se và.
In casa nostra c’era un assoluto rispetto per le volontà di ciscuno di noi e degli altri. E come le ragazz e e i maschi più o meno eravamo trattati nello stesso modo perché mia madre c’aveva quello, che non ammetteva era che fossimo maleducati. Questo era il più grave peccato che potessimo fare. Ma in casa c’era un grande rispetto per la libertà di ciascuno di noi. Non ci si vanta delle cose che si fanno.



La trascrizione dell'intervista si trova nella tesi di Emanuela Beretta, Interviste a donne partigiane, rel. Mariarosa Masoero, Torino, Università degli studi, 2009-2010 (dissertazione finale del corso di laurea in Scienze del turismo)
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testimonianza

Sacco Anna Maria; Torino
Barbara Berruti, Luciano Boccalatte, Andrea D'Arrigo
Fabiana Antonioli, Barbara Berruti, Andrea D'Arrigo Fabiana Antonioli
Provincia di Torino - Consiglio provinciale; Comune di Perosa Argentina
50m Italiano 2009
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XXVII  2


Businaro Laura 27/05/2009
Pischedda Carlo 06/04/2022
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Come citare questa fonte. Intervista a Annamaria Sacco in Novaro  in Archivio Istoreto, fondo Istoreto. Attività [IT-C00-FD11389]
Ultimo aggiornamento: mercoledì 30/1/2019