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SONORO: Giovanna Spagarino in Viglongo

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Giovanna Spagarino in Viglongo
L'intervistata racconta di come durante la guerra le donne si cucissero le calze. Lavorò nella libreria Viglongo che vendeva libri d'occasione ai ragazzi. Ricorda le sirene dei grandi motori che smisero di suonare durante il primo giorno di guerra e delle sirene durante la Dichiarazione con il bombardamento in via Priocca.
Spiega brevemente come era composta la sua famiglia, dicendo che erano sei figli. Due sorelle erano sposate, un suo fratello partì come volontario in Africa, un altro lavorò alla Satesi e una sua sorella morì per colpa della tisi. Suo padre morì di cancro a Torino, dopo essere tornato dall'Australia e sua madre rimase ad occuparsi della famiglia. Racconta delle giornate passate con suo fratello al Sangone, alla sagra di S. Michele e ai laghi d'Avigliana. In particolare, l'8 settembre 1940, con un suo fratello e un suo cugino, si misero lungo i prati della Snia Viscosa per fotografare il cielo durante i bombardamenti, ma non si accorsero di essere dentro una contraerea.
In famiglia ebbero molti problemi economici, per colpa delle spese mediche che dovettero affrontare durante la malattia di sua sorella. Per racimolare dei soldi, veniva mandata a vendere degli oggetti cari, come un quadro di Antonio Mancini di suo padre e delle collane d'argento di sua madre. Una volta andò a trovare una sua sorella a Pinerolo, dove pensava di far sfollare sua madre. Successivamente spiega come affrontava i bombardamenti e che il 13 luglio 1943 uno di questi le distrusse la casa. Racconta inoltre di come venivano usati i bagni pubblici.
Dopo di ché parla della consuetudine sua e dei suoi coetanei di andare a guardare i bombardamenti la sera e i danni causati la mattina. Fece così anche nel 1936, quando bruciò il Regio.
L'intervistata continua parlando di com'era la sua vita durante la guerra. Per lei fu duro il divieto di usare la bicicletta. Andò alcune volte con suo cugino a prendere il burro alla borsa nera. Una di quelle volte, per non farsi scoprire dalla polizia, mangiarono mezzo chilo di burro nascosti in un bosco.
Racconta del freddo che si provava durante la guerra e della fame. La sua famiglia era ghiotta di pane e con le restrizioni alimentari mangiarono ogni tipo di pane che veniva dato loro.
Fa riferimento ai ragazzi con cui è uscita, incluso Andrea Viglongo. Poi parla dei vestiti che si era cucita quando ebbe 18 anni.
Poi spiega che per i problemi finanziari non poté continuare gli studi, anche se era una brava studentessa, ma dovette occuparsi sia di lei, che della casa in caso lei fosse stata male.
Continua parlando della vita in città: non c'erano molti uomini e dovette cercare un dentista per farsi togliere un dente del giudizio e vi erano solo dei signori fascisti che cercarono sempre di ottenere la sua attenzione.
Venne chiamata alle armi il 10 luglio 1943 a Casa Vittoria per fare una visita di leva, nonostante il suo rifiuto, le richieste continuarono fino al 25 luglio. In casa sua non si parlava delle suffragette, ma lesse molti libri di suo marito su Rosa Luxemburg, sulle sorelle Pankhurst.
Racconta di quando nel 1945 suo marito venne arrestato.
Inoltre racconta di un giornale, "La Riscossa", e dei viaggi di suo marito per comprare libri a Firenze, anche se la maggior parte di essi se li facevano spedire tramite suo fratello, che lavorava alla Satesi.
Quando Andrea tornò dal carcere le portò la canzone "Fischia il Vento".
L'intervistata ricorda della povertà durante la guerra, quanto costava il tram e la crema che le cucinava sua madre.
Racconta delle lettere che mandava a suo fratello e di qualche sua amica.
Ha in mente l'immagine di un prete che in corso Novara si mise a raccogliere i corpi delle persone giustiziate su un carretto per portarli al cimitero. Racconta anche delle sere passate ad ascoltare Radio Londra.
07/06/1990;
La registrazione si sviluppa in quattro audio-cassette, contrassegnate Db8, Db8b, Db9 e Db9b.
Trascrizione fino 00.02.03 (legenda: A.M: Anna Maria Bruzzone, V: Viglongo):
A.M: Ecco, da questo momento stiamo registrando. Allora, hai detto che ieri hai messo giù, come dei flash ricordi del… del tempo di guerra?
V: Eh sì, proprio. Sono frammenti.
A.M: Frammenti.
V: Così, tra l'altro, quando uno ha letto, è sempre portato a far spaziare la fantasia. Ad ogni modo alcuni, alcuni appunti sono… non so se si sente.
A.M: Proviamo, facciamo una prova… di nuovo… ecco adesso di nuovo funziona.
V: Dunque, allora allo scoppio della guerra io avevo 16 anni e mezzo e aspettavo con ansia i 18 anni per il diritto a portare le calze di seta. Allora non c'erano le calze di nylon e ricordo che… aspettavo con ansia appunto questo periodo e poi, purtroppo, durante la guerra andavo con certe calze fatte dalla, dalla vecchia nonna con…
A.M: A Torino, a Torino naturalmente…
V: Io ero a Torino, a Torino lavoravo, insomma, appunto dai 14 anni ho incominciato a lavorare e, a proposito delle calze, ecco perché… sono tutte… è uno zibaldone appunto questo discorso, ma dunque ricordavo la donna ideale era quella di Boccasile, intornita con queste calze. C'era una… Franceschi che faceva delle calze, faceva le… la pubblicità alle calze in un modo molto moderno, con queste gambe della donna alla Boccasile e Franceschi vendeva queste calze al… al trio, che era una cosa un po' fuori dal normale.
A.M: Come al trio?
V: Tre calze, tre calze. Mentre normalmente una volta, non parliamo di collant non esistevano, esisteva la calza, la calza normale e la calza di bende e la calza di seta. Io aspettavo di avere 18 anni per avere queste calze di seta.

A.M. Bruzzone, In guerra senza armi. Storie di donne 1940-45, Roma, Bari, Laterza, 1995, [pp: 46, 48, 98, 99, 100, 104, 112, 116, 123, 153 e 142]
Non Accessibile presente in archivio
Archivio Istoreto

intervista


A.M. Bruzzone
Nizza Monferrato (AT) 137 m
Italiano
audiocassetta 4 Buono
4

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Ferretti Chiara 30/06/2022
21/07/2022
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Ultimo aggiornamento: mercoledì 30/1/2019